Con “Bagaglio a mano”, nuovi suoni per Andrea Amati

amati

Non è solo una questione di dimensione, ma anche di leggerezza. Nel “Bagaglio a mano” di Andrea Amati, <<accumulare spesso rappresenta un ostacolo al guardare avanti>>, perché <<arriva sempre, e più volte nella vita, il momento in cui dobbiamo alleggerirci per ricominciare o anche solo per capire cosa è davvero importante e di cosa possiamo fare a meno>>.
In parte ispirato dall’omonimo libro di Gabriele Romagnoli, il nuovo disco del cantautore di Santarcangelo di Romagna (il primo, uscito nel 2014, è stato “Via di scampo”), è un album in cui l’autore ha voluto mettersi alla prova, sperimentando nuove sonorità e un nuovo approccio alla scrittura, collaborando anche con i più giovani e promettenti artisti della nuova scena musicale dell’Emilia Romagna.
Prodotto da Massimo Marches, anche alle chitarre, “Bagaglio a mano” contiene 9 inediti tutti scritti e arrangiati dallo stesso Andrea Amati e una cover, “La ballata della moda” di Luigi Tenco.

Partiamo da qui Andrea, dall’autoironia, forse il più prezioso accessorio del tuo personalissimo “bagaglio a mano”.

E’ proprio la cosa che paradossalmente mi manca di più, ma che al tempo stesso mi ha spinto a fare questo disco. La ricerca indispensabile a giocare di più, a prendermi anche in giro con la musica. Venivo da un primo disco classico nei suoni e negli arrangiamenti, legato a un certo tipo di musica italiana che tutti quanti amiamo, ma che è difficile pensare possa essere attuale, se fatta da un ragazzo oggi, un ragazzo di 34 anni. Da quando ho cominciato a pensare a questo nuovo progetto, nel frattempo sono passati quasi quattro anni.
Il primo tentativo, dunque, è stato quello di giocare di più musicalmente, di farmi delle domande e di cantarne le risposte.

Volendo fare una parafrasi, Il tuo “Bagaglio a mano” di oggi, potrebbe essere un po’ “La valigia dell’attore” di De Gregori di allora?

E’ un pezzo che amo tantissimo e che conosco molto bene. E’ sicuramente un pezzo in cui, nel mio piccolo, mi ci ritrovo. Ho cominciato con la musica partendo proprio da esperienze legate al teatro e quindi, sì, è un accostamento in cui non posso che ritrovarmi.

Il territorio in cui ti muovi, non è un territorio uguale a tanti altri. Quanto conta condividere e crescere con altri promettenti artisti dell’Emilia Romagna, soprattutto in un momento in cui con “Mi sono perso” denunci un appiattimento del mercato musicale?
Lo dici tu stesso che <<i santi alla fine vanno sempre da chi sta già con un piede in paradiso>>.

In me conta tanto: sono di Rimini e ho la fortuna che a Rimini ci sia una scena musicale molto bella, molto ricca. Nel traccia “Mi sono perso”, ho chiamato tanti amici della scena musicale riminese che mi hanno fatto i cori, come Daniele Maggioli, con cui ho un rapporto speciale.
Credo che il contesto influenzi chiunque e in questo senso, Rimini e tutta la Romagna, rappresentino anche una realtà in crescita costante: se non per popolarità, per qualità. Confrontandomi con altri musicisti che vivono in altre ragioni d’Italia, ho imparato a vedere questa cosa come un valore aggiunto: sono circondato da amic che riescono a suonare la propria musica, anziché finire a fare solo Tribute Band. Qui, per attitudine caratteriale, condividiamo molto; ci piace lavorare insieme e io mi sono voluto appogggiare ad altri artisti, proprio per mescolare le carte e mettermi in gioco.

A proposito di territorialità e di qualità, oltre ad essere stato in tour tutta estate nel tuo territorio, sei stato l’opening act di alcune date del nuovo tour dei Nomadi e ti sei spostato con loro attraverso l’Italia fino a fine settembre e il tuo viaggio live prosegue con grande successo anche in autunno. Cosa significa questo per te?

I Nomadi sono una delle band più longeve al mondo e già solo per questo, per me, che vorrei vivere solo di palchi, puoi immaginare quanto abbia significato. Ho amore, stima, rispetto per quello che Beppe Carletti ha costruito e per quello che sono i Nomadi ancora oggi. Suonano con entusiasmo ed energia unici e per me, sono un grande esempio! Musicalmente parlando, poi, è stata la prima volta in cui mi sia trovato a suonare per così tante date, in spazi e luoghi così diversi tra loro.

<<Non può cadere chi è così leggera>>: nella tua vita ci sono più “Carmen”, o più momenti “Bacio botto”?

Più momenti “bacio botto”, almeno nella mia; ma nelle vite che vedo e nella società che mi circonda, mi sembra che ci siano molte più carmen, sia donne che uomini. Non dimentichiamo però, che chi la canta e la descive nella canzone, ne è al tempo stesso anche affascinato: è come se puntassi il dito, ma sbirciando dal buco della serratura.

Il brano “Cose”, lo descrivi come <<tante immagini, tante possibili storie che vanno a formarne una, la tua>>: com’è, appunto, la vita di Andrea Amati? Che sfumatura ha? E non valgono nero, grigio e rosso…

Beh, è molto ricca di immagini e di sfumature e di cambi di umore. Forse è gialla, che è anche il mio colore preferito. E’ una vita in divenire, che è la vita di chi cerca di far sì che una grande passione possa diventare una ragione di vita a tutti gli effetti e, quindi, anche un lavoro. Un ragazzo che guarda il mondo che lo circonda e cerca di descriverlo, che poi è il modo migliore per descrivere se stesso, perché in altro modo fa sempre fatica.

<<Un luogo dove non si debba essere sempre vestiti di promesse da mantenere, non si debba essere all’altezza delle aspettative, un luogo in cui ognuno è esattamente come vuole>>: qual’è il tuo “Altrove”, se lo hai trovato?

Il mio altrove lo sto ancora cercando. Non posso averlo in pugno, ma me lo immagino molto simile a quello che canto. Più che altro spero che esista, Elisa, uno spazio in cui nella nostra vita riusciamo davvero ad essere in quel modo e se c’è, mi candido ad esserne il portavoce sonoro.

Perché tra tutte, hai scelto come cover “La ballata della moda” di Luigi Tenco?

Perché è un artista su cui ho lavorato molto per uno spettacolo teatrale e volevo far scoprire tutta questa parte che nessuno conosce, molto ironica, lungimirante, tremendamente attuale di quel pezzo. Me ne sono innamorato e l’ho portato ai miei concerti: è diventato un piccolo classico che in scaletta non manca mai, ovunque io sia a suonare. Poi si sposava talmente bene con quello che intendevo dire con questo mio nunovo disco e anche l’arrangiamento è talmente originale e diverso che sembrava fosse fatto per il disco, che ho deciso che meritasse di emtrare. E’ un omaggio dovuto, ed estremamente naturale, ad un grandissimo artista. Meritava d’essere fatto.

Hai un’attenzione particolare al testo, ti muovi nella canzone d’autore, ma in chiave molto attuale. Hai mai pensato di scrivere per gli altri? Quanto pesa addosso l’omonimia con l’autore di Nek e di decine di altri artisti Warner?

Io e l’atro Andrea Amati, di brescia, siamo ormai amici: addirittura ci mandiamo gli screeshot a vicenda dei messaggi che riceviamo sui social, che dovevano essere indirizzati all’altro. Ci scambiano in continuazione, è vero, ma abbiamo preso molto sportivamente la cosa.
Per altri, mi piacerebbe scrivere e forse un giorno lo farò, ma fino ad ora non ho mai avuto l’esigenza: le cose che ho scritto sono sempre state talmente personali che non è mai passato per la testa di pensare che potesse cantarle qualcun altro. O forse è un limite del performer teatrale che è in me, che fa che sia io a voler cantare le mie cose.

Qual è il sogno inespresso che hai ancora chiuso nel cassetto?

Il più grande, è quello di riuscire ad arrivare davvero a vivere del tutto e con coscienza le cose che canto. Mi piace cantare di slanci, grandi passioni, di viaggi interiori verso qualcosa di migliorativo e intimamente penso di farlo per cantarlo anche un po’ a me stesso, mentre lo canto al pubblico. Sono il primo a sperare di vederle davvero davanti agli occhi (le migliorie) e non solo di immaginarle.

Bene, e ‘out of records’?

Mi piacerebbe fare il giro del mondo in macchina, ma prima devo vendere un sacco di dischi.

La nuova leg del “Bagaglio a mano tour”, realizzata grazie alla vittoria del bando S.I.A.E “S’illumina”, ripartirà infatti il 16 novembre dal The Alibi di Foggia (in apertura del concerto dei Kaufman) e toccherà i club di diverse città italiane.
Queste le altre date in programma: il 24 novembre a Correggio -RE (I Vizi del Pellicano), il 30 novembre a Cormano – MI (Ecosteria Cortemanlio), il 15 dicembre a Trieste (Loft), il 21 dicembre a Torino (Il magazzino di Gilgamesh), il 22 dicembre a Albenga – SV (Messico & Nuvole), il 4 dicembre a Cantù – CO (All’una E Trentacinque Circa), il 6 gennaio 2019 a Verona (Le cantine dell’Arena), l’ 8 gennaio a Bologna (Bravo Caffè), il 10 gennaio a Santarcangelo di Romagna – RN (Teatro Il Lavatoio) e l’ 11 gennaio a Spinea – VE (Barone Rosso).

di Elisa Alloro