È di pochi giorni fa la decisione del consiglio comunale di Bologna di votare per l’ammissibilità – ma non per l’urgenza – di un ordine del giorno presentato dalle opposizioni per chiedere di revocare a Francesca Albanese il riconoscimento della cittadinanza onoraria, approvato a Palazzo d’Accursio soltanto due mesi fa, a inizio ottobre.
Discussione rimandata, quindi, a data da destinarsi: l’assegnazione della cittadinanza onoraria alla relatrice delle Nazioni Unite per i territori palestinesi occupati, dunque, resta in campo, almeno per il momento. Nel frattempo, però, infuria il dibattito nel capoluogo emiliano-romagnolo, e tra favorevoli e contrari si è registrata una posizione forse un po’ inaspettata.
Si tratta di quella dell’ex presidente del Consiglio Romano Prodi, che un po’ a sorpresa ha invitato il consiglio comunale bolognese a bloccare l’atto: “Perseverare è diabolico, Albanese persevera: il Comune di Bologna non faccia altrettanto”, ha detto il Professore.
Parole che hanno scatenato l’immediata reazione del sindaco di Bologna Matteo Lepore, che ha replicato così a Prodi: “Il consiglio di Prodi? Io penso che i consigli siano importanti, però bisogna anche rispettare le assemblee che sono state elette dai cittadini. Il consiglio comunale sta facendo il suo percorso, io seguo quel percorso”, lasciando dunque intendere che la cittadinanza onoraria ad Albanese sarà comunque conferita. “In democrazia ci sono persone elette nei consigli comunali che decidono e portano avanti le le discussioni, quindi credo sia giusto rispettare la loro discussione”, ha concluso il sindaco.
A pesare sul piatto della bilancia del dibattito, oltre a numerosi “inciampi” più o meno recenti (non ultimo quello del teatro Valli di Reggio dello scorso 28 settembre, durante la cerimonia di conferimento del Primo Tricolore), anche le dichiarazioni di Albanese sui fatti di Torino: la relatrice Onu, pur condannando l’irruzione di qualche decina di manifestanti proPal nella redazione del quotidiano La Stampa, aveva aggiunto: “Ma al tempo stesso questo sia anche un monito alla stampa per tornare a fare il proprio lavoro, per riportare i fatti al centro del loro lavoro e, se riuscissero a permetterselo, anche un minimo di analisi e contestualizzazione”.







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