Che cultura fa, oggi, a Reggio? A sei mesi dall’insediamento della giunta Vecchi bis e del nuovo assessore alla cultura? Guardiamo, molto distrattamente, il barometro culturale comunale.
Dunque, mentre in tutta Italia si sta concludendo la stagione dei festival – della letteratura, della filosofia, del giornalismo, di Radio 3, dell’economia, del giornalismo, eccetera… – qui da noi non c’è stato il convegno sull’attualità di don Gaetano Chierici nel bicentenario della nascita.
Il “Ritratto di giovane donna” del Correggio è arrivato da San Pietroburgo. Ci saranno Fotografia Europea e ReggioNarra, eredità delle giunte Delrio. Di nuovo? Massimo Zamboni al Festival Aperto che ha messo in scena il pantheon degli artisti emiliani scomparsi? Ecco, forse la cosa più evidente è proprio questa: l’assenza della cosiddetta “tradizione del nuovo” che per decenni ha caratterizzato la nostra città. E di cui si è parlato in campagna elettorale.
Morta e sepolta. Al massimo da catalogare o citare. Scomparsa, insomma. Insieme alla vocazione reggiana alla contemporaneità. Il contemporaneo e la ricerca, oggi, sembrerebbero buoni solo per parlare momentaneamente di creatività giovanile o per animare luoghi a basso costo: è questo, alla fine, l’unico scopo sociale, non certo far pensare.
Insomma, qui si guarda ammirati al rassicurante passato. I tempi sono questi. E ognuno, rigorosamente, per suo conto. Viva Correggio!
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