A cinque anni dalla pandemia di Covid-19, che ha ridefinito tanti aspetti della vita delle persone, il lavoro da remoto è passato da soluzione temporanea a cambiamento strutturale. Secondo un recente sondaggio della piattaforma di psicologia online Unobravo, che ha intervistato oltre 1.500 italiani e italiane per comprendere meglio gli effetti emotivi e psicologici del lavoro a distanza, nel 2025 il 29% lavora ancora (almeno in parte) da remoto.
I dati raccolti (qui lo studio completo) mostrano un Paese ancora in fase di adattamento alla flessibilità. Se solo l’8% dei lavoratori dipendenti lavora esclusivamente da remoto, il 21% ha un’organizzazione ibrida. Sono però i lavoratori autonomi a trainare questo trend: il 22% lavora completamente da remoto, mentre il 31% segue un modello ibrido.
Dal punto di vista delle opportunità di lavoro, Foggia e Roma guidano la classifica delle città, con il 40% dei lavoratori attivi in modalità ibrida o completamente da remoto. A completare il podio c’è Bologna: nel capoluogo dell’Emilia-Romagna il 32% delle persone intervistate ha dichiarato di lavorare in modalità ibrida, e un altro 6% di farlo completamente da remoto.
Ma non sono solo rose e fiori. In Italia, infatti, quasi un lavoratore da remoto su quattro (il 22%) segnala effetti negativi sulla propria salute mentale, anche se sono emersi anche notevoli benefici: quasi la metà (46%) del campione ha evidenziato un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata; seguono la riduzione dello stress quotidiano (33%), più tempo per prendersi cura di sé o per fare esercizio (27%) e una maggiore produttività (19%). I dati del sondaggio suggeriscono che il lavoro a distanza può avere effetti positivi sia sul benessere emotivo che sulla salute fisica e la performance professionale.
Sebbene il 15% degli intervistati e delle intervistate non abbia segnalato particolari difficoltà, la maggior parte del campione ha riconosciuto almeno una sfida psicologica legata al lavoro a distanza: la più comune, segnalata dal 27% delle persone, è la difficoltà a “staccare la spina”. Con confini sempre più sfumati tra casa e lavoro, molti faticano a stabilire limiti chiari, aumentando il rischio di burnout.







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