Avviata la digitalizzazione dei fascicoli processuali relativi ai delitti della “banda della Uno Bianca”

faldone atti processuali banda della Uno Bianca

Ha preso il via la digitalizzazione dei fascicoli processuali relativi ai delitti della cosiddetta “banda della Uno Bianca”, l’organizzazione criminale – composta in gran parte da persone appartenenti alla Polizia di Stato – che tra il 1987 e il 1994 terrorizzò Bologna, la Romagna e le Marche, commettendo 103 azioni criminose (soprattutto rapine a mano armata) e lasciando dietro di sé la scia di sangue di ventiquattro vittime e oltre cento feriti.

L’operazione di digitalizzazione è stata decisa per favorire la conservazione e la consultazione di una mole straordinaria di materiale documentario cartaceo, audio-video e fotografico.

Mercoledì 13 ottobre a Bologna, proprio nella giornata in ricordo delle vittime della banda criminale, il procuratore della Repubblica Giuseppe Amato ha consegnato la prima significativa parte della documentazione alla direttrice dell’Archivio di Stato Giovanna Giubbini: 180 faldoni contenenti gli atti relativi all’indagine, finora custoditi presso l’archivio della procura di Bologna, ai quali si aggiungeranno a breve altri 107 faldoni e 6 allegati relativi alla celebrazione del processo, custoditi attualmente presso l’archivio della sede della Corte d’Appello bolognese.

Alla cerimonia hanno partecipato il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, il sindaco di Bologna Matteo Lepore, la presidente dell’Associazione delle vittime della Uno Bianca Rosanna Rossi Zecchi e il presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna Paolo Bolognesi.


La digitalizzazione degli atti sarà realizzata grazie al sostegno della Regione Emilia-Romagna nell’ambito di una collaborazione con l’Archivio di Stato che ha già visto la digitalizzazione dei fascicoli su importanti fatti di terrorismo, eversione e stragismo giudicati dalla Corte d’Assise di Bologna a partire dal 1971, tra cui in particolare la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 e l’attentato al treno Italicus del 1974.

Il passaggio anticipato del materiale relativo alla “banda della Uno Bianca” rispetto ai termini previsti dal Codice dei beni culturali e del paesaggio è stato definito con una convenzione tra gli uffici giudiziari e l’Archivio di Stato di Bologna, siglata lo scorso luglio al termine dei lavori di un tavolo tecnico istituito nell’ambito del comitato di coordinamento del Patto per la giustizia dell’area metropolitana di Bologna, per rispondere alla richiesta di digitalizzazione avanzata dall’associazione delle vittime.

Il complesso lavoro di salvaguardia, conservazione e digitalizzazione si concluderà entro la fine del 2022. Le operazioni, che avverranno sotto la supervisione dell’Archivio di Stato, sono state finanziate dalla Regione con uno stanziamento di 350.000 euro. Il Polo archivistico regionale dell’Emilia-Romagna (ParER) si occuperà della conservazione delle riproduzioni digitali e anche dell’adeguamento del software di accesso ai contenuti in uso per i fascicoli processuali già digitalizzati.

Una volta completati tutti i passaggi di riordino e digitalizzazione, il materiale potrà essere consultato presso la sede dell’Archivio di Stato di Bologna da tutte le persone interessate, previa autorizzazione.

“Inizia un nuovo, fondamentale atto di salvataggio della memoria, per scongiurare il rischio dell’oblio e dell’indifferenza rispetto a una delle pagine più drammatiche della storia della nostra regione e del Paese”, ha detto il presidente Bonaccini: “Lo dobbiamo alle vittime e ai loro familiari, ma anche all’intera collettività e ai giovani in particolare. Alle ragazze e ai ragazzi che all’epoca di quei drammatici fatti che hanno seminato dolore e morte non erano ancora nati. Ed è importante che questo progetto nasca dal territorio, frutto della collaborazione tra diverse istituzioni che continuano un impegno iniziato con la digitalizzazione degli atti della strage di Bologna e dell’Italicus. È anche questo un modo per tenere ben salde le ragioni della convivenza civile e democratica, in un esercizio costante di presidio di valori che siano condivisi dall’intera comunità regionale e nazionale”.