La decisione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di imporre dazi al 30% sulle importazioni dall’Europa, a partire dal primo agosto, “rappresenta un atto economico molto pesante e aggressivo”, ha commentato il sindaco di Reggio Marco Massari, “che si aggiunge a una svalutazione del dollaro che di suo pesa per un 12-13%; tutte le forze politiche, a tutti i livelli, hanno il dovere di schierarsi”.
Secondo alcune stime a livello nazionale, i dazi Usa al 30% brucerebbero oltre 12 miliardi di euro di export (circa il 20% del totale) e porterebbero alla perdita di oltre 150.000 posti di lavoro.
“Come amministrazione comunale – ha proseguito Massari – esprimiamo grande preoccupazione per un territorio come il nostro il cui tessuto economico ha nell’esportazione verso gli Usa un fondamentale canale commerciale per molti prodotti di grande qualità. I settori interessati sono tanti. Pensiamo all’agroalimentare, con il Parmigiano Reggiano e le sue 16.000 tonnellate di export oltre oceano, il lambrusco e l’aceto balsamico, tra i prodotti più apprezzati dal mercato americano”.
Il re dei formaggi, in particolare, con i dazi al 30% potrebbe arrivare a costare negli Stati Uniti fino a 58 euro al chilo, limitando di molto il mercato dei potenziali consumatori. Da Reggio, inoltre, come ha fatto notare il sindaco, “partono ogni giorno verso gli Usa anche molto macchinari, apparecchiature e componenti per l’industria, con quote in aumento negli ultimi anni, o ancora articoli in gomma, materie plastiche e ceramica, apparecchi elettrici, abbigliamento di qualità e molto altro”.
Tra il 2018 e il 2023, l’incidenza dell’export verso gli Stati Uniti d’America sull’export complessivo della provincia di Reggio è cresciuta dal 9% all’11,3%, per un totale di 1.572 milioni di euro, mentre l’incidenza delle importazioni dagli Usa è rimasta sostanzialmente stabile a quota 71,3 milioni complessivi.
Si tratta, ha sottolineato Massari, “di un delta significativo che evidenzia la nostra forte propensione all’export. I dazi e gli ipotetici controdazi europei avranno un effetto recessivo e toccheranno anche la capacità di spesa delle famiglie italiane, già messa a dura prova dai rincari di questo periodo. La città di Reggio è al fianco di tutti gli imprenditori e gli operatori che operano nei settori toccati da una manovra che appare come un atto unilaterale, arrogante e inaccettabile e chiede al governo e a tutte le istituzioni nazionali ed europee una risposta decisa, coordinata e coesa, che tuteli chi fa impresa e crea lavoro e benessere”.







Che il Massari avesse in mente di utilizzare solo i soldi delle Agenzia delle Entrate ?
Perche’ favorire un danaroso privato ?
Maramotti e’ ricco, mentre il politico di media “potrebbe essere povero ? ”
Che preferiscano riutilizzare le tasse, cosi’ da involversi su se stessi ?
Che quella famiglia di sarti e banchieri….. non s’ha da fare. Il Massari potrebbe aver ragionato così.
Ebbene, il polo delle fiere, nessuno se lo piglia.
In un piccolo distretto si possono fare bilions…..ma a Reggio i bilions si fanno solo coi soldi pubblici ??
Giuste le preoccupazioni sulle pesanti ricadute occupazionali ed economiche dovute ai dazi statunitensi. Le stesse considerazioni non valevano quindi, e a maggior ragione, quando si è affossato il polo della moda per mere speculazioni e rivalse politiche (cgil) ? Si sono lasciate incenerire centinaia di posti di lavoro per il solo piacere di fare la voce grossa !! Anche Inalca dopo il rogo dello stabilimento ha annunciato che, se mai dovesse ricostruire il polo produttivo non lo farebbe a Reggio Emilia. Tutte casualità ? Colpa di Trump ?
Il Sig. Sindaco è giustamente preoccupato per i dazi americani che porterebbero ad un rallentamento del nostro export e la probabile perdita di posti di lavoro sul nostro territorio. La sensazione è che non fosse così preoccupato e non si sia stracciato le vesti per le centinaia di posti di lavoro andati in fumo per la sagacia imprenditoriale dimostrata nel dibattito polo della moda. Beh certo in quell’occasione era in buona compagnia infatti egli afferma di non aver nulla di cui rimproverarsi. Probabilmente è così anche per quanto riguarda lo stabilimento Inalca andato in fumo, sia chiaro, non certo per sue responsabilità ma di fatto pare che i Cremonini abbiano già dichiarato che dovessero ricostituire quel polo produttivo non lo farebbero in territorio reggiano. Tutte coincidenze ? o forse è colpa di Trump ?