Al Palazzo dei Musei di Reggio la mostra “Herbarium. I fiori sono rimasti rosa”

Herbarium Alessandra Calò

Dopo un percorso durato quasi quattro mesi, venerdì 29 aprile al Palazzo dei Musei di Reggio è stata inaugurata la mostra “Herbarium. I fiori sono rimasti rosa”, realizzata dall’artista Alessandra Calò – che utilizza differenti mezzi per approfondire temi legati alla memoria, all’identità femminile e al linguaggio della fotografia – e da sei persone con fragilità (Valentina Bertolini, Paolo Borghi, Valentina De Luca, Cinzia Immovilli, Flavia Vezzani e Caterina Perezzani), in un incontro tra arte, fotografia, sostenibilità ambientale e fragilità.

La mostra, a ingresso gratuito, è stata allestita in un ex laboratorio archeologico che si affaccia su via Secchi. Sarà visitabile nelle giornate inaugurali di Fotografia Europea 2022 (venerdì 29 aprile dalle 19 alle 23, sabato 30 aprile dalle 10 alle 23 e domenica primo maggio dalle 10 alle 20); dal 7 maggio al 12 giugno, invece, sarà aperta ogni sabato e domenica e nei giorni festivi dalle 10 alle 18. Il cortile interno, retrostante il laboratorio, fa da contrappunto con un’installazione che accoglie e raccoglie testimonianze e suggestioni dell’arredo urbano, grazie al prezioso lavoro di Art Factory e del gruppo de I Senzamai, operosi custodi del parco San Lazzaro di Reggio.

Il progetto costituisce la terza tappa di “Incontri! Arte e persone”, l’iniziativa di Reggio Emilia Città senza Barriere promossa dal Comune di Reggio e da Farmacie Comunali Riunite e dedicata all’incontro tra fragilità e creatività. I protagonisti di questo percorso sono stati affiancati dallo staff dei Musei civici di Reggio e da un’atelierista di Strade, il nuovo ambito socio-occupazionale e del tempo libero a favore delle persone adulte con disabilità del distretto reggiano, progetto gestito dal Consorzio Oscar Romero.

Esplorando gli archivi dei Musei civici di Reggio, la scoperta dello sconosciuto erbario di Antonio Cremona Casoli è diventata per Alessandra Calò uno spunto per riflettere su nuovi modi di concepire l’immagine. Se i noti erbari di Filippo Re spiccano per la volontà di ricerca e completezza, quello di Casoli fa emergere invece la purezza di una curiosità che ancora non conosce il rigore della scienza. Proprio con questo spirito l’artista ha guidato le persone con fragilità protagoniste del progetto nella costruzione di un erbario ideale: un erbario rayografico in cui il concetto di bellezza si allarga fino a includere l’imperfezione, la fragilità e la marginalità.


Nella rappresentazione del gesto di cura evocato dalle persone protagoniste del percorso artistico l’azione immaginata diventa iconica e, grazie alla sovrapposizione delle immagini, innesca una simbiosi tra la sua umanità e la natura raffigurata: ne esce un viaggio nel tempo attraverso la fotografia, l’antica tecnica di stampa e la calligrafia dell’erbario ottocentesco.