A ogni inizio di anno scolastico si moltiplicano le considerazioni, in gran parte condivisibili, sulla salute precaria della scuola italiana, prevalentemente incentrate su questioni salariali, organizzative o curriculari. Con queste considerazioni vorrei invece spostare l’attenzione sulla figura del maestro (o della maestra, ovviamente), recuperando un termine ormai desueto in ambito professionale, dove si preferisce la dimensione funzionale di insegnante o docente, un ruolo che chiunque può concorrere a ricoprire.
Nella pedagogia Steiner-Waldorf la figura del maestro occupa una posizione di straordinaria centralità. L’insegnante non viene concepito come trasmettitore di nozioni, ma prima di tutto come guida morale, capace di destare nel bambino quelle forze interiori che già vivono in potenza dentro di lui. La sua funzione educativa non si esaurisce quindi nell’insegnamento di contenuti, ma si estende all’intera formazione dell’essere umano.
Uno degli aspetti più caratteristici di questo approccio è la concezione dell’autorità amata. Nei primi anni di scuola, specialmente nel periodo compreso tra i sette e i quattordici anni, il bambino e il ragazzo non apprendono principalmente attraverso la logica o l’astrazione, ma grazie alla fiducia e all’affidamento affettivo nei confronti dell’adulto. Per questo il maestro deve incarnare una forma di autorità non autoritaria, bensì naturale, radicata nella coerenza e nella forza interiore. L’alunno lo riconosce come figura di riferimento non per imposizione, ma per l’autenticità del suo essere e l’entusiasmo che trasmette nel suo lavoro. È questo il nucleo del suo carisma: non la capacità di affascinare con tecniche o artifici, ma la forza morale e la dedizione con cui vive il proprio compito.
Inoltre, la continuità del rapporto è un elemento decisivo. Nelle scuole Waldorf si fa di tutto perché lo stesso maestro o la stessa maestra possa accompagnare la stessa classe per otto anni, divenendo così una presenza stabile e sicura, un punto di riferimento costante nel processo di crescita. Questo legame duraturo permette di creare un clima educativo basato sulla fiducia reciproca, sul rispetto e sulla conoscenza profonda della personalità di ogni allievo.
Il maestro Waldorf è anche un artista dell’educazione: non applica schemi rigidi, ma cerca di trasformare ogni lezione in un atto creativo, capace di parlare alla mente, al cuore e alla volontà dei suoi allievi. Attraverso immagini, narrazioni e attività artistiche, egli cerca di educare in modo integrale, offrendo al bambino esperienze che non solo informano, ma formano. In questo modo la sua figura diventa sorgente di ispirazione e modello di vita.
Tuttavia, nella prospettiva filosofica steineriana esiste una dimensione ancora più profonda in cui si cala la visione di qualsiasi rapporto educativo, non solo quello strettamente scolastico: quella del legame karmico. Steiner afferma che l’incontro tra maestro e allievi – come in tutte le esperienze sociali che l’uomo attraversa, a partire dall’incontro con la cerchia familiare – non è frutto del caso, ma il risultato di connessioni che affondano le loro radici in esistenze precedenti. È come se, in modo misterioso, maestro e allievi si ritrovassero qui e ora per proseguire un cammino comune già intrapreso in passato. Questo conferisce al lavoro educativo una grande responsabilità insieme a un carattere di “sacralità”: l’insegnante non si limita a guidare la crescita presente, ma collabora a un destino che solo il futuro potrà pienamente rivelare.
In una conferenza del 29 dicembre 1921, pubblicata nel testo “Il sano sviluppo dell’essere umano”, Steiner sottolinea come l’educazione non riguardi tanto l’intelletto ma la salute: non esistono metodi giusti o sbagliati, l’educazione deve guardare principalmente alla salute dei bambini e dei ragazzi. Steiner invita il maestro a riflettere: “Sei proprio tu che il destino ha scelto per rivestire un ruolo tanto importante come quello di educatore? […] Ci si trova davanti a un dilemma: che cosa si può fare per smorzare sé stessi tanto che il nostro elemento personale fluisca nel bambino il meno possibile senza rovinarne il destino, ma lo si conduca a essere un uomo libero nella vita?”.
In questo senso, il carisma del maestro Waldorf è inseparabile dalla consapevolezza della propria responsabilità karmica. Ogni gesto, ogni parola, ogni atteggiamento può imprimere tracce durature nell’anima del bambino, contribuendo alla sua evoluzione non solo in questa vita, ma anche oltre i confini dell’esistenza terrena.
Nella pedagogia Waldorf il maestro è molto più che un educatore: è un custode del destino dei suoi allievi, una guida carismatica e morale, un compagno di viaggio che condivide con essi un mistero che solo il futuro potrà chiarire. La sua presenza, se vissuta con autenticità e dedizione, diventa allora il dono più grande che si possa offrire a un bambino: la possibilità di riconoscersi, crescere e fiorire alla luce di un legame che travalica i limiti del tempo.







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