Siamo un mese e mezzo dall’inizio della scuola in Emilia Romagna, fissato per il 15 settembre, e già sindacati, presidi e docenti sanno che, anche quest’anno, si inizierà male. Come sempre. Nella nostra provincia, sono quasi mille cattedre vacanti, cioè con più di un migliaio di docenti mancanti, distribuite in ogni ordine di grado scolastico. E’ così da anni e anni. Ti chiedi: Ma se già ai primi di agosto si sa che la situazione sarà quella, possibile che non si possa correre ai ripari prima? No. Per ragioni difficili da spiegare ai genitori di studenti. Una in particolare: i docenti precari, che magari insegnano come supplenti nella scuola da anni, non vengono assunti in modo permanente ma solo temporaneo, per risparmiare soldi e limitando i loro diritti.
Mancano docenti in tutte le materie, è vero. Solo alle superiori quasi 500 professori. Ma lo scandalo più grande riguarda i docenti di sostegno, cioè quelli delegati alla cura e all’aiuto dei bambini diversamente abili. In Italia ne mancano circa la metà di quelli necessari. L’inserimento nella scuola pubblica di studenti diversamente abili è da tempo una eccellenza della scuola italiana. In molti Paesi del modo, infatti, gli studenti diversamente abili frequentano non la scuola degli studenti cosiddetti «normali», ma scuole differenziate, come fino agli anni Settanta accadeva anche in Italia.
E’ chiaro che nessuna eccellenza nasce per caso: questi bambini hanno necessità di maggior sostegno e aiuto. E un docente di sostegno dedicato solo ad uno o ad alcuni di loro, costa allo Stato come un docente di una classe di 24 o 28 studenti cosiddetti normali. Cioè, 24 o 28 volte di più. Non è infatti un caso che le scuole private tendano a non avere al loro interno non solostudenti disabili, ma possibilmente anche di origine straniera.
Un’altra cosa che molti genitori degli studenti non sanno: da ormai una decina di anni, nella scuola, non vengono più nominati supplenti, i caso dell’assenza di un docente di classe. Come si supplisce a questo? Naturalmente, sempre per risparmiare sulla pelle dei più giovani?
O dividendo gli studenti in altre classi diverse dalla loro – magari si mettono 5 bambini della classe prima con quelli della classe 1 facendogli fare un disegno per quattro ore. O utilizzando i docenti di sostegno fare supplenza ai docenti classe. In parole povere: abbandonando lo studente di classe a se stesso e occupandosi di tutta la classe.
E’ chiaro che, aprendo le scuole agli studenti disabili, ma non fornendo come in passato i docenti necessari, si creano notevoli problemi. Non solo per gli insegnanti, ma anche per gli studenti. Tanto che alcuni genitori degli studenti, ma anche alcuni docenti, iniziano a sentirsi penalizzati dalla presenza nella loro classe o in quella del figlio di studenti disabili e stranieri. Perché la stessa cosa avviene per gli studenti stranieri: vengono accolti nelle nostre classi, ma poi manca il personale necessario e i docenti si devono arra giare come possono. Ciò porta alla promozione della scuola privata a danno di quella pubblica. Inevitabilmente. O al rimpianto, da parte di diversi docenti e genitori, delle classi differenziate. Perché nella scuola privata, cioè a pagamento per le famiglie che hanno i soldi per permettersela, i genitori sono sicuri di non avere in classe studenti diversamente abili o di origine straniera non seguiti, che potrebbero rallentare l’apprendimento dei loro figli italiani e «non diversamente abili». E’ farebbero saltare i conti della scuola privata.
E’ così che nasce il razzismo.
Una sorta di strisciante razzismo di Stato promosso proprio dalla scuola pubblica. Un vero paradosso.
Una eccellenza, – l’inserimento di studenti diversamente abiliti e di origine straniera che fino a qualche decennio fa era considerata un fiore all’occhiello della nostra scuola pubblica, – rischia di diventare il suo contrario. O lo è già diventato.
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