Scuola contro l’uso politico dell’emergenza

giuseppe_caliceti

Chiudere le scuole sospendendo l’attività in presenza risolve il problema del diffondersi della pandemia?
Lucia Azzolina, ministro della pubblica istruzione, risponde: “Si tratta di una mera illusione”. E aggiunge: “A scuola ci sono misure di sicurezza e protocolli che permettono controllo e tracciamento. Si riaprano al più presto le scuole, evitando conseguenze gravi, presenti e future, per gli studenti e per le famiglie. La scuola non è “un problema” come qualcuno ha scritto. La scuola è futuro e speranza”. Concordiamo.

Perchè la DaD, in ogni ordine di scuola, ma in particolare tra i più piccoli, più che un’opzione pedagogica, è pura didattica dell’emergenza. Insegnare, ma anche imparare a distanza, è più difficile. La connessione non può sostituire la relazione e crea problemi alla salute e alla crescita di alunni e studenti: ormai scientificamente provati da più fonti, pedagogiche e mediche.

L’emergenza ha messo a nudo una scuola che negli ultimi decenni è stata impoverita di tutto. La Dad, in alcune limitate circostanze, era già utilizzata e anche oggi, in occasione specifiche, si può rivelare utile. Ma la sua normalizzione, la sua diffusione e il suo uso politico sono insopportabili. Perchè accelerano il processo di esternalizzazione della scuola pubblica sessa. Esattamente come è avvenuto progressivamente nella Sanità: sono stati esternalizzati tanti servizi, appaltandoli a cooperative di infermieri, tecnici e impiegati. E solo ora, con l’arrivo della pandemia, ci rendiamo conto di quanto si è sbagliato.

Lo stesso rischia di accadere nella politica scolastica. Basti pensare che già oggi, senza gli educatori comunali che suppliscono alla atavica mancanza di docenti di sostegno, attraverso il pagamento di cooperative educative, più della metà degli studenti diversamente abili sarebbero soli e la gestione delle classi impossibili. Il processo di esternalizzazione e privatizzazione in atto, sembrano inarrestabili. Anche le parole del ministro all’istruzione rischiano di cadere nel vuoto di una politica che sa vivere solo nel presente senza preoccuparsi dei cittadini di domani. Anzi, abbandonandoli: come nella favola di Pollicino.

L’emergenza sanitaria, di fatto, ci fa parlare sempre meno di scuola pubblica come istituzione e luogo di apprendimento e sempre più come luogo di intrattenimento e custodia di alunni e studenti.

L’emergenza sanitaria sta trasformandola, in modo subdolo e invisibile ai più, cioè senza passare dalla via maestra e costituzionale del dibattito parlamentare, ma per via amministrativa, in una scuola che non è più quella in cui si parla nella nostra Costituzione.

Come? Impoverendo i curricoli culturali e promuovendo una digitalizzazione pervasiva, abbassamento i livelli d’istruzione in uscita, trasformando il ruolo del docente che è sempre meno intellettuale e sempre più animatore e babysitter. intrattenitore. Il tutto raccontando falsamente ai genitori di alunni e studenti, sempre in nome dell’emergenza sanitaria, di innovazione, di modernizzazione. Ma solo di facciata.