Radio Radicale, il no dei 5s la affonda

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Confusione in commissione alla Camera dopo lo stop definitivo agli emendamenti al decreto crescita che chiedevano una proroga per la convenzione di Radio Radicale. Tutti i gruppi sono intervenuti per tentare di convincere il Movimento 5 Stelle, che ha fatto mancare l’unanimità, a cambiare idea.

Duro l’affondo della dem Silvia Fregolent contro il presidente della commissione Bilancio, Claudio Borghi, accusato di fare “il Ponzio Pilato”. La norma, all’esame delle commissioni Bilancio e Finanze della Camera, era stata bocciata in mattinata, poi il Carroccio aveva presentato ricorso, ma il Movimento 5 Stelle, nonostante qualche voce in dissenso, è rimasto contrario. Non è bastato il sì di tutti gli altri gruppi, perché era necessaria l’unanimità. D’altronde, le parole del sottosegretario all’Editoria, Vito Crimi, avevano gelato le aspettative dei lavoratori e dei sostenitori dell’emittente.

“La mia posizione non è mai cambiata, se ci fossero state novità lo avrei annunciato. Questa è la posizione del governo e così rimane”, aveva detto Crimi. Nel Movimento 5 Stelle si erano registrate però le aperture di Primo Di Nicola e altri parlamentari. Anche Luigi Di Maio aveva fatto trapelare la volontà di trovare a una soluzione che consentisse la sopravvivenza di Radio Radicale. Diversi gli emendamenti al dl crescita sul tema, tra cui quello della Lega a prima firma di Massimiliano Capitanio che puntavano a una proroga di sei mesi, prima di una nuova gara. L’importo sarebbe stato inferiore a quello della precedente convenzione (3,5 milioni per sei mesi contro i 10 milioni per un anno del passato) e ciò sembrava poter convincere gli alleati a dare il via libera. La speranza dei lavoratori e dei sostenitori di Radio Radicale è che lo stop all’emendamento sia legato solo a ragioni tecniche e che un clima meno acceso nella maggioranza dopo le europee favorisca il raggiungimento di accordo e l’inserimento della proroga in un altro provvedimento.