Goffredo Fofi, il ricordo di Alberto Grossi

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Venerdì 11 luglio è morto, all’età di 88 anni, Goffredo Fofi, saggista, giornalista e critico cinematografico, letterario e teatrale, intellettuale fuori dagli schemi.

Lo ricorda così Alberto Grossi: “Lo conobbi a un pranzo in una calda domenica d’agosto, nella casa sui colli bolognesi di Pier Cesare Bori. Non ricordo bene l’anno, forse il 1995 o giù di lì. Eravamo una ventina di persone, ma al centro della scena c’era Goffredo. Vivacissimo, curioso, simpatico, provocatorio. Esordì dicendosi leghista. Al silenzio imbarazzato di tutti noi seguì la motivazione: non voglio aver nulla a che fare con voi del nord. Risate.

Il caso volle che al tavolo del pranzo fossi seduto al suo fianco, e ricordo benissimo quando, ogni tanto, sollevava il tovagliolo a coprirsi la bocca e mi sussurrava all’orecchio commenti pungenti alle dotte argomentazioni del convivio. Ero tra i più giovani al tavolo, forse per questo gli fui simpatico. Diversi anni dopo mi giunse una sua telefonata da Roma. Il piglio era quello di sempre, provocatorio, all’attacco: ‘Ma come, mi avevi detto che volevi collaborare con noi e non ti sei più fatto vivo?’. All’epoca Fofi dirigeva Lo Straniero, mensile di letteratura, cinema, politica e critica sociale. Una rivista libera, fuori dagli schemi, di non facile lettura, lontana dalle semplificazioni e dai cliché. E con interventi di altissima qualità.

Quando Lo Straniero chiuse (sull’ultimo numero, un editoriale di Goffredo che fece scuola), alcuni di noi lo seguirono nell’avventura de Gli Asini, rivista con annessa casa editrice, fatta in un minuscolo appartamento di quattro stanze su piazza Vittorio che Fofi dirigeva con piglio deciso e una grandissima lucidità intellettuale.

Alcuni anni fa andai a trovarlo a casa sua, in via di Porta Maggiore. Una casa traboccante di libri in ogni angolo, migliaia forse, e di intellettuali. Seduto sul divano trovai il critico cinematografico Paolo Mereghetti. E c’era Goffredo, sempre combattivo eppure stanco, provato dalla malattia. Raccontò il ventesimo e il ventunesimo secolo come pochi altri, sempre in modo libero, controcorrente e mai allineato. Come del resto tutta la sua vita”.



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