Tiene banco e fa discutere la provocazione lancia dal professore Alberto Melloni dal pulpito allestito sul palco del teatro Ariosto in occasione dei festeggiamenti del 221esimo della bandiera a Reggio Emilia.
Aveva detto il cattedratico ed editorialista di area cattolico dossettiana: "A Palazzo Chigi, nell’anticamera, c’è una foto del duce che forse non va tolta. Ma chi porta i sdegni della persecuzione ha il diritto di romperla, perché almeno un vetro rotto la distingua dalle altre foto, come quella di Cavour o De Gasperi".
Lo studioso aveva introdotto il passaggio della foto di Benito Mussolini dopo avere della discriminazione e del dispresso provocato dalle leggi razziali del 1938.
In una intervista alla Gazzetta di Reggio il professore ha poi sottolineato come la sua non sia stata una provocazione ma più semplicemnete un’osservazione, visto come l’Italia è uscita dalla guerra e dal fascismo. Ma quel vetro rotto sulla foto del duce a Palazzo Chigi per i giovani, sostiene Melloni, "in questo contesto di teste pelate che tornano, sarebbe un insegnamento. Perché è bene ricordare che fare i fascistelli non è come farsi i tatuaggi. E alcuni gesti, fatti in nome di una generica ribellione, possono essere molto pericolosi. La manifestazione di Forza Nuova a Ostia mi ha particolarmente colpito e impressionato".
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Sarebbe un onore per noi.
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