Sono una novantina i docenti reggiani che hanno firmato una lettera aperta per sostenere pubblicamente l’assessora alle politiche educative del Comune di Reggio Marwa Mahmoud, travolta dalle polemiche dopo le sue parole sul “decolonizzare le cartine mentali e fisiche” nel mondo scolastico. La riportiamo integralmente.
Noi, docenti di scuola primaria e superiore di primo e secondo grado ed educatori in servizio nelle scuole di Reggio Emilia e firmatari di questa lettera, riteniamo doveroso intervenire nel dibattito seguito alle dichiarazioni dell’assessora alle Politiche Educative, Marwa Mahmoud, espresse in occasione della presentazione del Dossier Statistico Immigrazione 2025 tenutasi a Bologna il 4 novembre.
Respingiamo le strumentalizzazioni che hanno travisato il suo significato sistemico, trasformando un invito al dibattito all’interno di un convegno in una presunta accusa personale.
L’assessora Mahmoud ha pronunciato il suo intervento in un contesto, quello del Dossier Immigrazione, da sempre dedicato ai temi del multiculturalismo e dell’inclusione. Parlando di “decolonizzazione dello sguardo”, l’assessora ha portato all’attenzione del dibattito una affermata teoria pedagogica di tipo sistemico, nota come Decolonizzazione del Sapere o Pedagogia Critica. Questa teoria, elaborata e discussa da intellettuali e accademici a livello internazionale da decenni, non è stata coniata dall’assessora, che ne sostiene semplicemente gli assunti teorici.
Tra i maggiori esponenti di questo pensiero citiamo Paulo Freire, padre della Pedagogia degli Oppressi, e Walter Mignolo, uno dei teorici centrali del gruppo Modernità/Colonialità. La teoria in questione non è in alcun modo una valutazione sull’incapacità o sulla mancanza di dedizione dei docenti, ma un’analisi di come i nostri saperi interiorizzati e i curricula scolastici possano riprodurre, involontariamente, gerarchie culturali e prospettive eurocentriche ereditate dal passato. È un invito all’autoriflessione e al miglioramento collettivo.
La tematica della decolonizzazione non è estranea ai contesti di studio italiani né alla presentazione del Dossier Immigrazione. Già in passato, nel 2017, in occasione dello stesso convegno, Insaf Dimassi (Movimento Italiani Senza Cittadinanza) nel suo intervento ha sottoposto al dibattito le medesime critiche strutturali, senza che questo generasse la medesima ondata di accuse.
Questa tematica anima da tempo il dibattito accademico, con gruppi come il collettivo Decolonizing the Academy (Università di Bologna), composto da studenti e ricercatori, che analizzano l’impronta coloniale nelle istituzioni e in ambito universitario. Il collettivo Docenti per Gaza ha promosso un’iniziativa a livello nazionale (disponibile su Youtube) dal titolo: “Pensare Altre Menti – Conversazioni per decolonizzare lo sguardo”.
Nessuno si sognerebbe di accusare questi studiosi o collettivi di docenti – né intellettuali italiani come Massimiliano Tarozzi (riferimento per la Pedagogia Critica) – di attaccare i docenti e di accusarli di razzismo o incompetenza. Le accuse mosse all’assessora nascono palesemente dall’aver estrapolato e stravolto le frasi “decolonizzare lo sguardo” o “decolonizzare le nostre cartine mentali”, separandole dal contesto teorico e dal dibattito specialistico in cui sono state pronunciate. Vogliamo sperare che ciò sia avvenuto per mancata conoscenza delle teorie pedagogiche citate e non per intenzionale pregiudizio.
Troviamo inaccettabili le centinaia di commenti misogini e islamofobici che hanno invaso i social media, molti dei quali al limite della diffamazione. Questi attacchi spostano il focus da un costruttivo dibattito pedagogico a una gogna personale.
Se si vuole individuare chi offende realmente la scuola e i docenti, è bene guardare alla politica che, a livello nazionale:
- delegittima il ruolo dei docenti con retribuzioni umilianti (ultimi in Europa, esclusa la Grecia) e carichi burocratici insopportabili;
- costringe gli studenti in classi pollaio che rendono la personalizzazione dell’insegnamento difficile, se non impossibile;
- ritiene adeguate classi con più di uno studente con grave disabilità insieme ad altri studenti con bisogni educativi speciali.
L’assessora Mahmoud, con la quale abbiamo collaborato per anni a Reggio Emilia su progetti di inclusione e multiculturalismo, è un’alleata della scuola e di chi a scuola lavora. Il nostro sostegno va a lei e alla libertà di portare il dibattito accademico nelle istituzioni, un presupposto fondamentale per il progresso della nostra scuola.
Firme:
Liusca Boni
Federica Bagni
Domenico Santonastaso
Raffaella Ardito
Marcella Freddi
Giuseppa Vizzini
Giuseppe Terranova
Rachele Sighinolfi
Federica Caprari
Elisabetta Casu
Michele Ferrari
Maria Concetta Curcuruto
Gianluca Chierici
Pamela Lorenzani
Stefano Di Donato
Marco Soragni
Roberta Bianchi
Sabrina Centofanti
Fabio Bonvicini
Jessica Bandini
Gessica Bonfatti
Andrea Aldini
Marco Vincenzo Ambrosi
Palmina Perri
Francesco Buccolo
Francesca Tondelli
Lucia Puccioni
Federica Gatti
Francesco Amato
Anna Lodesani
Paola Cavallini
Stella Caporale
Francesca Simonazzi
Stefano Maselli
Vittorio Fichera
Rosaria Sicignano
Francesco Manzini
Cristina Capelli
Paola Montanari
Raffella Ferragni
Marco Cosentina
Monica Di Bari
Antonella Galetta
Giorgia Manzini
Roberto Visicchio
Barbara Sciamanna
Silvia Veroni
Rita Gandino
Delia Cardinale
Rosangela Sportelli
Elisabetta Bertolini
Maria Teresa Borsalino
Maria Giovanna Borsalino
Luca Caleffi
Raffaele Didato
Paola Sesti
Fabiana Ibatici
Roberto Baldini
Paolo Bosso
Alessio Bartolucci
Marcella Ferri
Rosanna Fontana
Annalisa Guidetti
Barbara Bertani
Cecilia Maffei
Elena Buscema
Giulia Nasuti
Simona Tocco
Egina Orlando
Paola Semeghini
Ilaria Alessandri
Jessica Mazzoni
Cinzia Pulneri
Anna Grisendi
Elena Benati
Silvia Varazzani
Camilla Capriati
Viviana Pettineo
Giulia Galeotti
Carolina De Luca
Mariachiara Morello
Francesca Sassi
Benedetto Maritato
Manuela Prandini
Marco Martinelli
Kiranjit Kaur
Elisabetta Cerchi







Meno male che c’è ancora qualcuno che studia e ragiona . Grazie , condivido.
Della serie quando la pezza è peggiore del buco; si riafferma difatti che “ne sostiene semplicemente gli assunti teorici”.
Il Conte Mascetti avrebbe avuto una facile occasione per descrivere col suo inconfondibile stile questa congerie di boutade, sicuramente ci avrebbe deliziato col suo noto incipit.
E quali dunque sarebbero questi assunti teorici? I vari riferimenti a personaggi della “cultura” incentrati sull’idea dell’ “educazione come strumento di liberazione e trasformazione sociale”, studiosi di “pensiero decoloniale” e altri che pretendono di elevare a scienza concetti banali quali sviluppo inarrestabile, presa di coscienza, globalizzazione, sostenibilità ed educazione. Mediocrità elevate a disciplina scientifica, senza contare il rimando ai “collettivi”, veri maestri di vita.
Capirai.
Decolonizzare le menti di per sé non significa nulla, o si può forse pensare che nelle menti debba scomparire l’idea di geopolitica, la rappresentazione dell’Oceania, della Cina o di ogni altro luogo coi relativi popoli, usanze e storia e, soprattutto, chi colonizza chi?
A qualcosa di simile aveva pensato la narrativa distopica del secolo scorso ma restavano appunto proiezioni fantasiose, le famose tre grandi nazioni, Oceania, Eurasia, Estasia nelle quali era abolito il libero arbitrio.
Queste fraseologie simboliche, pretese tali, servono a chi le formula per confondere e nascondere, bastava infatti usare il linguaggio lineare, tipo bisogna smetterla di vedere popoli diversi in modo diverso. Già, e chi sarebbe che lo fa, soprattutto come si dovrebbe fare? Apriamo altri sportelli anti qualcosa per sancire, indirizzare e infine rieducare il pericolo strisciante che serpeggia nelle menti?
Se il padrone chiama, si risponde! C’era un povero fesso che faceva scrivere sui muri “credere obbedire combattere”: se non ricordo male non si è goduto la pensione…
prossima fermata Pyongyang…..accoglierebbero tutti questi firmatari (non solo loro) cum magna laetitia.
Riecco il vecchio ciclostile della solidarietà d’ordinanza, quello che si tira fuori dai cassetti comunali ogni volta che un sindaco o un assessore finisce per pestare una merda. Cambia solo la data, per il resto è sempre lo stesso copione, sfrondato di qualche nome alla bisogna: appello indignato, citazioni accademiche a effetto, fedeltà cieca e assoluta alla propria parte politica e invito alla “riflessione collettiva”, con l’aggiunta di una critica al governo nazionale sgradito. E’ ormai un grande classico: quando il dibattito cresce e il politico locale annaspa c’è sempre pronto il foglio con i 100 attestati di vassallaggio, anche in spregio alla propria professionalità.
per decolonizzare la mente occorre indossare un asciugamano in testa come l’assessora ? è questo il suo scopo ?
Forse, senza forse, l’asciugamano serve per contrassegnarsi, insegnarci e, quanto prima, rieducarci. Corsi per la preghiera aperti.
dato che le nostre eccellenti amministrazioni democraticopopolari di tutto han fatto per perderla e poi cassare ogni piano di rilancio , proporrei l’area Fiere di Peggio Emilia per creare il piu’ grosso centro islamico dell’universo ed erigere un minareto alto, alto, altissimo….e poi via spediti diritti nel terzo millennio….