La nuova “legge Montagna”, che punta a valorizzare le zone montane italiane tramite incentivi economici, fiscali e sociali per contrastarne lo spopolamento e promuoverne lo sviluppo, in Emilia-Romagna rischia di far calare i cosiddetti “comuni montani” da 121 a 41 in un colpo solo.
Merito (o colpa) dei due criteri utilizzati dalla legge per individuare i comuni montani: altimetria media sopra i 600 metri e pendenza del terreno. In provincia di Reggio i nuovi parametri mettono fortemente a rischio la storica e consolidata “qualifica montana” di Baiso, Casina, Canossa e Viano, con qualche dubbio anche per Carpineti (sotto soglia per quanto riguarda l’altimetria media di 600 metri).
La prospettiva ha scatenato la protesta del Partito Democratico reggiano: “Si vedono avanzare insieme il danno e la beffa: beffa, perché la nuova legge menziona finalmente aspetti di pregio come fiscalità differenziata per imprese e attività e incentivi retributivi per docenti, infermieri e dottori; danno, perché i Comuni declassificati vedrebbero sfumare i finanziamenti di Fosmit (Fondo per lo sviluppo della montagna italiana, ndr) e Snai (Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne, ndr), non potrebbero più tenere aperte le scuole ora ‘in deroga’ e perderebbero, al pari dei loro residenti, tutte le premialità che negli attuali bandi e contributi sono determinati dal carattere ‘montano'”.
Nel Reggiano a guidare il fronte della protesta sono Fabio Spezzani, sindaco di Baiso e delegato per la montagna della segreteria provinciale del Pd; Emanuele Cavallaro, coordinatore degli enti locali della segreteria provinciale del Pd; Paolo Ruffini, segretario del Pd Appennino Reggiano; Luca Bolondi, sindaco di Canossa; Fabrizio Corti, sindaco di Viano; Stefano Costi, sindaco di Casina; Giuseppe Ruggi, sindaco di Carpineti.
I due criteri, a loro dire, “frantumerebbero l’idea storica e condivisa che, tanto nel nostro osservatorio locale quanto in quello nazionale, si ha da sempre della montagna, creando per altro un evidente squilibrio a danno dell’Appennino intero in favore delle Alpi. Non è né tollerabile né ammissibile che le opportunità che vengono offerte ai territori siano diverse in base a due criteri numerici che nulla hanno a che fare con criticità e fragilità dei territori”.
Per il Pd reggiano “non è né tollerabile né ammissibile che le nuove leggi ignorino la complessità delle aree vaste e, anziché offrire mezzi e strumenti per elaborare strategie comuni in contesti di consapevoli differenze, riducano tutto a un mero e grossolano frazionamento delle risorse. Come se la rinascita del crinale dipendesse dalla crisi del medio Appennino; come se i campi del medio Appennino fossero pianeggianti come quelli della Bassa; come se le due botteghe di due frazioni isolate svolgessero due funzioni diverse se una si trova a 650 metri e l’altra a 550 metri di altitudine; come se il medio Appennino non franasse, mai”.
Per questo, hanno concluso Spezzani, Cavallaro, Ruffini, Bolondi, Corti, Costi e Ruggi, “la partita che l’Appennino gioca in questa particolare contingenza è troppo importante per essere decisa a tavolino da due criteri che non possiamo definire ‘indici’ perché nulla indicano se non due dettagli irrilevanti ai fini della pianificazione territoriale: come amministratori e cittadini che vivono l’Appennino, invitiamo tutte le forze politiche e le associazioni di categoria a una riflessione strutturata, per il bene delle aree montane e interne. La complessità della montagna non si può ridurre a due numeri, come la taglia dei jeans”.







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