La scuola del Pd

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Come sarebbe la scuola se alle elezioni vincesse il Pd? Ne parla l’attuale ministro all’Istruzione Patrizio Bianchi nel libro Nello specchio della scuola (Bologna, Il Mulino, 2020). Il ministro chiede di percorrere fino in fondo quella strada dell’ autonomia, che ha già prodotto effetti disastrosi negli ultimi vent’anni. È il tipico atteggiamento di chi guarda la scuola attraverso formulazioni economicistiche. la specificità. Ma cosa vuol dire potenziare l’ autonomia scolastica e portarla a compimento? andare sempre più verso un’autonomia para-aziendalistica, del tutto inadatta alla dimensione pubblica e nazionale di quello che Calamandrei definiva “organo costituzionale della democrazia”.

Oggi la scuola si è infatti trasformata in una sorta di progettificio velleitario, dove spesso il fumo è più dell’arrosto. Ciò la condannata all’irrilevanza e alla subordinazione a una serie di presunte esigenze dei ‘territori’. Scrive Bianchi: «Occorre uscire dagli schemi concettuali del Novecento, della scuola basata su programmi, orari, discipline strutturate da ordinanze e disposizioni centrali. E questo implica che il dirigente scolastico non si senta l’ultimo anello di una catena gerarchica che da Roma arriva al suo istituto, ma sia il promotore di una nuova alleanza [sic] con il suo territorio, di cui la scuola sia percepita come pilastro essenziale». Al di là delle belle parole, lo scopo sembra sempre lo stesso: la cancellazione di una scuola strutturata e della centralità dell’insegnamento delle discipline – eredità “novecentesca” ? Peccato che abbia permesso a milioni di persone di uscire dall’analfabetismo e dall’ignoranza.

E al posto delle discipline? La trasformazione dei singoli istituti in feudi dei dirigenti, – anzi, ora si chiamano manager scolastici, – con l’alibi delle esigenze del ‘territorio’, che ne fanno ciò che vogliono, in piena ottica para-aziendalistica e in accordo con le “realtà produttive”. Quella di cui parla il ministro non è la scuola della Costituzione, ma la formazione professionale.

Non che la scuola non debba preparare anche a un futuro lavorativo, ma innanzitutto deve formare persone e cittadini.

Bianchi invece cita Smith: «Gli investimenti in educazione di base e continua sono fondamentali per la formazione del capitale umano necessario per generare quegli aumenti di produttività che determinano l’accelerazione nella crescita economica di un paese“. La scuola, abbracciando teorie neoliberiste, sembra proporre il ritorno alla società oligarchica sette-ottocentesca, sia pure in forma tecnologica. La riduzione dell’istruzione e dell’educazione delle nuove generazioni – considerate solo come “capitale umano”, cioè come forza lavoro– non tiene in considerazione neppure che le richieste del mercato del lavoro cambiano con una velocità impressionante. A volte, leggendo il libro del Ministro all’Istruzione, pare che l’obiettivo del libro sia spiegare all’opinione pubblica come far uscire dalla scuola una massa informe di futura manodopera dequalificata, priva dei saperi fondamentali, da impiegare a bassissimo costo per qualunque mansione, perdendo completamente il suo ruolo di possibile ascensore sociale.

Secondo la prospettiva di Bianchi, l’ennesima auspicata “riforma” della scuola che probabilmente arriverebbe con la vittoria alle elezioni del Pd, a meno che insperati cambiamenti all’ultimo momento, dovrebbe riprendere la Buona Scuola di Renzi, già piena di lacune e contraddizioni, passando anche per la destrutturazione dei gruppi classe, altra ossessione di certo neoliberismo: in nome di una educazione ad una “flessibilità” sempre maggiore, preparata a scuola per poi arrivare a un lavoro sempre più flessibile, intercambiabile, precario. Insomma, una scuola a immagine e somiglianza di un mondo del lavoro che, però, cambia in continuazione.

Altra osservazione: si riduce drasticamente la funzione sociale della scuola come esperienza della socialità di gruppo e la possibilità di sperimentane le dinamiche affettive e di collaborazione utili anche nel lavoro che, probabilmente, verrà. Le dimensioni non economicistiche dell’essere umano, di cui la scuola narrata da Bianchi dovrebbe prioriarmante occuparsi, trovano pochissimo spazio. Il senso dell’istruzione è completamente utilitarista, dimenticandosi della crescita integrale della persona. L’augurio è che se nelle prossime elezioni politiche dovesse vincere la coalizione del centrosinistra, l’attuale Minstro all’Istruzine ma, soprattutto, le sue idee sulla scuola italiana, possano cambiare e migliorare.