“Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo”

Prima Domenica di Quaresima, Anno B – 18 febbraio 2018

Dal vangelo secondo Marco (Mc 1,12-15)

In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

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Il grande tema della Quaresima di quest’anno è ”l’Alleanza”. Questo termine descrive non solo la natura del rapporto che Dio vuole stabilire con l’uomo. C’è qualcosa di più: “alleanza” indica una caratteristica strutturale, costitutiva dell’uomo; egli è fondamentalmente un “essere per”, un essere relazionale, come ci ha insegnato Martin Buber.

Nei nostri deliri libertari noi pensiamo di poter entrare e uscire impunemente dalle relazioni, di usare le cose e le persone come oggetti a nostro piacimento. Il risultato non è solo l’infelicità: è, puramente e semplicemente, il non essere. La libertà, paradossalmente, consiste nell’essere “legati” a un’alleanza, a un rapporto di armonia, con la natura e con gli altri uomini.

Per la Bibbia questo è possibile se l’uomo accetta e vive la relazione che il Tu assoluto di Dio gli offre: in quell’orizzonte anche gli altri rapporti si compongono in armonia. La “Legge”, cioè la parola di Dio, parola di un Padre amoroso, non é l’imposizione di oneri morali ma il codice di un cammino di libertà e di gioia: ”I tuoi decreti sono il mio canto nella dimora del mio esilio” (Sal 119,54).

Non basta, tuttavia, volere l’Alleanza. Qualcosa è successo, per cui l’uomo è irrimediabilmente ribelle. Nella prima lettura di questa domenica, Dio parla a Noè dopo il Diluvio. Egli si era “stancato” della violenza e della malvagità degli uomini. Meravigliosamente, la Bibbia dà voce ai nostri pensieri segreti: “Se Dio esiste, perché permette tanto male? Perché non distrugge i malvagi?”.

Ebbene, dopo il Diluvio, Dio prende atto che punire la malvagità dell’uomo vorrebbe dire annientarlo. Ecco allora una sospensione del giudizio: Dio rinuncia alla punizione, “non ci saranno più le acque per il diluvio, per distruggere ogni carne”. Il segno è l’arcobaleno: esso è (stupenda immagine) l’arco di guerra del gigante divino, come le folgori sono le sue frecce; ma ormai Dio ha rinunciato alla guerra contro l’uomo, l’arco è stato appeso dal guerriero alla volta celeste.

Dunque altra dev’essere la via che riporta l’uomo nell’alleanza con Dio, con gli altri uomini e con il cosmo. Come nell’ouverture di un grande dramma, tutti i temi della Quaresima si concentrano nei primi due versetti del vangelo di questa domenica.

Lo Spirito Santo, che è sceso su Gesù nel battesimo al Giordano, lo “getta” nel deserto. Il verbo indica una forza irresistibile, quella del disegno divino, che non conosce ostacoli nella sua volontà di amore. Nel deserto Gesù incontra Satana, le fiere e gli angeli. Egli è l’immagine del nuovo Adamo, dell’Israele rinnovato, della Chiesa. Il deserto è il mondo, che non è la nostra patria. I quaranta giorni, come i quarant’anni dell’Esodo, sono il tempo del cammino, della dura marcia, alla quale però non ci si può sottrarre, se si vuole arrivare alla meta.

Dunque anche noi veniamo “gettati” nel mondo. Non è possibile rimanere in un giardino chiuso, in uno spazio sicuro: anche noi dobbiamo accettare l’insicurezza e la lotta. Infatti, proprio di lotta si tratta. Nel deserto, Gesù e la Chiesa incontrano Satana, il tentatore.

Dobbiamo recuperare il senso del demoniaco, non immaginarlo come fenomeni strani, paranormali, e neppure con l’ossessione di una presenza pervasiva e irrimediabile. Satana è un avversario da guardare negli occhi, ma senza paura. Il cristiano deve riconoscere questa presenza. Certi ottimismi faciloni sono ingenui e dannosi, perché sottovalutano l’avversario.

Dobbiamo vedere con lucidità i meccanismi di morte presenti nel mondo: il demonio si manifesta proprio nella volontà di potenza e di morte. Ma, nello stesso tempo, Gesù ci mostra come lo si può affrontare, tenendosi stretti alla Parola di Dio, seguendo la sua via, quella della fede e dell’obbedienza al Padre, lasciandoci guarire continuamente da lui con il grande esorcismo del suo sangue.

Viviamo dunque nel deserto; ma gli animali selvatici, le belve, sono riconciliati con il nuovo Adamo. È la promessa di Gesù ai suoi (Mc 16,18): il cristiano ammansisce le forze brutali del mondo, attorno a lui si crea un’aura di pace, di amicizia, di convivialità. Quello che gli uomini temono non fa più paura, neanche la bestia ultima, la morte, “sorella morte”: anch’essa viene riconciliata.

E gli angeli lo servivano”. All’uomo non ancora liberato dal nuovo Adamo, il mondo appare come una grande prigione, dal soffitto di bronzo: non vi è libertà, si è prigionieri di ferree leggi, vuoi dell’economia, vuoi delle dinamiche sociali, vuoi delle pulsioni psichiche.

Il cristiano, invece, come santo Stefano vede “i cieli aperti e il Figlio dell’Uomo ritto in piedi alla destra di Dio” (Atti 7,56). Gli angeli sono messaggeri di libertà, come lo furono per Pietro prigioniero (Atti 12), accompagnano la Chiesa come Raffaele accompagnava il giovane Tobia; sono “spiriti al servizio” (Ebr 1,14) di coloro che hanno deciso di essere servi di Dio.