I docenti e la guerra

cartello scuola media

Con la fine dell’emergenza Covid, almeno secondo il governo ancora in carica (anche se le notizie quotidiane ci spiegano il contrario), si è provveduto al taglio dei fondi alla scuola. Ciò spiega come per i nostri governanti non esista un vero piano di investimento e rilancio della scuola pubblica italiana, ma si giochi da anni al ribasso. E, se arriva qualche soldo in più, è solo momentaneo, legato a gravi emergenze: pandemia, guerra. Poi lo stanziamento viene prontamente ritirato. E la scuola mantiene da oltre trent’anni il record in Europa di fondi non investiti sulla scuola.

Anche le scuole reggiane subiranno un taglio poderoso: dieci milioni in meno. Risultato: circa 700 docenti senza lavoro. E tutto questo ben sapendo che, comunque, anche quest’anno scolastico partirà con più di 1.500 docenti a tempo determinato assenti che, pian piano, saranno sostituiti da precari. Solo poco prima di Natale, di solito, ogni scuola entra a pieno regime con l’organico completo.

Per quanto riguarda la guerra tra Russia e Ucraina, il governo ha fatto di peggio: lo scorso maggio – giustamente – ha immesso nelle nostre scuole 16.000 bambini ucraini, in maggioranza tra i 4 e i 12 anni. Premunendosi di dire che sarebbero dovuti essere tutti promossi alla classe successiva, ma non prevedendo né psicologi, né mediatori, né traduttori, né docenti di sostegno. Niente. Nonostante ci si trovasse di fronte a un’emergenza umanitaria.

Presumibilmente non arriveranno rinforzi neppure per il nuovo anno scolastico, nonostante quasi tutti questi bambini e ragazzi, trasferitisi in Italia grazie a famiglie italiane affidatarie, non abbiano certo intenzione di lasciare l’Italia ma, anche a guerra conclusa, intendano restarci con le loro famiglie. Le classi pollaio sono già diventate ancora più pollaio di prima, senza preoccuparsi più di tanto neppure delle norme di sicurezza anti-terremoto e anti-incendio che prevedono un numero massimo di alunni anche rispetto alla dimensione delle aule.

Inoltre gli studenti ucraini arrivati sono immaginati dai nostri politici tutti alti, biondi, di sana e robusta costituzione. Non si contemplano alunni diversamente abili. Ora, prima di avere un docente di sostegno per un bambino italiano occorrono tre anni. Ciò vuol dire che gli alunni ucraini diversamente abili – ne esistono, lo posso affermare in prima persona – non avranno in aiuto nessuno dei docenti di sostegno necessari, peraltro già super carenti per i nostri studenti italiani. Con il rischio che i ragazzini ucraini entrino di nuovo nelle nostre scuole, ma siano affidati fondamentalmente a se stessi. Questa è accoglienza? O solo finta accoglienza?