Giustizia riparativa. La diocesi di Modena sceglie il modello Ovile di Reggio

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Si estende anche a Modena il modello di “giustizia riparativa” che da anni, nella nostra provincia, è sostenuto dalla cooperativa sociale L’Ovile.
La cooperativa di via De Pisis, infatti, ha firmato una convenzione con l’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE)di Modena e la Caritas diocesana d’oltre Secchia che, chiamando in causa L’Ovile, hanno voluto gettare le basi per un nuovo approccio ai temi della detenzione e dell’inclusione.

Il documento è stato siglato dall’Arcivescovo di Modena-Nonantola don Erio Castellucci, dalla direttrice dell’UEPE Monica Righi e dal presidente della cooperativa sociale “L’Ovile” Valerio Maramotti.
“Siamo molto grati all’UEPE e alla Caritas di Modena – sottolinea proprio Maramotti – per averci chiamato in causa in un percorso che riteniamo fondamentale tanto per chi ha commesso reati quanto per chi li ha subiti e per la collettività, anch’essa offesa ogni volta che un suo componente è vittima di un crimine”.
“I percorsi che vanno sotto il nome di “giustizia riparativa” – spiega Maramotti – non annullano il reato e non cancellano la pena inflitta in sede giudiziaria, ma evitano che la risposta allo stesso reato sia esclusivamente punitiva, proponendo al reo, alle vittime e alla comunità occasioni di riscatto, riconoscimento reciproco, rispetto e, dove possibile, riconciliazione”.

“Questo approccio – prosegue il presidente de L’Ovile – riguarda, ovviamente, quanti scontano la pena con misure alternative al carcere e non è solo rispettoso della dignità umana e della giustizia, ma si basa su principi di responsabilità e di solidarietà che, tra l’altro, consentono di evitare quella reiterazione del reato che troppo spesso coinvolge quanti escono dall’esperienza carceraria”.
“Anche per questo – osserva Maramotti – ai percorsi offerti a quanti anche a Reggio Emilia sono seguiti dall’UEPE, da diversi anni associamo un’attiva collaborazione con l’Amministrazione penitenziaria per offrire ai detenuti occasioni di lavoro che li tengano anche in relazione con quel mondo esterno che si ritroveranno poi ad affrontare con maggiori strumenti per il riscatto e l’integrazione”.

La convenzione firmata a Modena prevede la promozione di azioni concordi di sensibilizzazione nei confronti della comunità locale rispetto al sostegno e al reinserimento di persone in esecuzione penale, lo sviluppo di attività e incontri riparativi a favore delle vittime e della collettività, la costituzione di una rete di risorse che accolgano i soggetti ammessi a misura alternativa o ammessi alla sospensione del procedimento con messa alla prova che hanno aderito ad un progetto riparativo e la realizzazione di percorsi di mediazione penale in favore di utenti dell’Uepe di Modena.

Attualmente la casa circondariale modenese Sant’Anna accoglie 520 detenuti, mentre 744 persone sono prese in carico dall’Uepe. La Caritas Diocesana di Modena, tra l’altro, metterà a disposizione i locali per consentire le mediazioni, ovvero dare la possibilità a reo e vittima di incontrarsi, dialogare e riscoprire quel minimo comune denominatore di umanità che li accomuna.
La stessa Caritas si impegna su misure di inclusione sociale che passano per l’accoglienza in termini abitativi, offrendo un supporto nel reinserimento lavorativo e promuovendo percorsi di volontariato o partecipazione a percorsi di educazione civica tramite laboratori pedagogici guidati dai propri operatori e da volontari.