Crazy over Cloud

Cloud

di Elisa Alloro – Non è una delle nuvolette in cui immagazziniamo i nostri amati dati ogni giorno. Cloud è anche il nome di un progetto “clandestino”, quello di un artista senza volto che ha da poco pubblicato il primo singolo ma che ha scelto di non svelare la sua vera identità.

Curioso. Tanto da farmi venire voglia di proporgli un incontro al buio, una blind audition, un’intervista telefonica; ma la sua resilienza ha fatto prevalere la vecchia formula scritta…

“Crazy over you” è il tuo primo singolo. Non hai un volto oggi e non sembri intenzionato ad averne uno domani. Definisci il tuo progetto clandestino e anticonformista. Più uno o più l’altro?

Clandestino perché al momento l’anonimato è una condizione alla quale siamo obbligati, non tanto per noi, quanto per l’ambiente che ci circonda, ma appena sarà possibile ce ne libereremo. Anticonformista perché siamo in un mondo in cui un cantante per essere di moda mette tutto in mostra sui social (ma ai tuoi fan non dovrebbero piacere più le tue canzoni delle tue scarpe?) e di conseguenza si crea l’altrettanto utile controtendenza di nascondersi apposta (vedi tutti gli ultimi dj\produttori con il casco: da quando ci vuole un casco per essere un bravo dj?); Cloud forse è l’unico progetto nella cui fase iniziale l’anonimato è purtroppo una necessità.

 

Volendo fare i pignoli, anticoformista, potrebbe essere inteso un progetto che vira verso l’apertura commerciale, il trovare una collocazione nell’ambito di un mercato musicale saturo di qualunque cosa. Il clandestino, direi più sul “voglio farlo a qualunque costo” e sebbene qualcosa o qualcuno, remi contro. Dunque ti devo chiedere, in caso esista, se almeno questo qualcosa o qualcuno che ti ha costretto all’anonimato un volto ce l’ha.

Assolutamente sì…

 

Parafrasando, raccontami la tua storia: chi ti ha costretto a vivere senza musica?

Potrei risponderti in diversi modi ma cercherò di farlo in quello più carino possibile, senza puntare il dito direttamente contro qualcuno: è colpa del perbenismo che ci circonda ed è colpa della voglia di non mettere in mezzo ai problemi le persone alle quali teniamo.

 

Ci leggo un po’ de “La leggenda del pianista sull’oceano” e un po’ del piccolo protagonista di “Coco”, costretto a crescere amando la musica in una famiglia che la musica ha deciso di ripudiarla il giorno in cui il capofamiglia – musicista – fugge di casa per non tornare mai più.

Sarebbe bello se Cloud potesse avere un po’ del finale di Coco… Di Novecento, il protagonista de “La leggenda del pianista sull’oceano”, sarebbe bello avere il talento, ma per fortuna abbiamo molta meno paura del mondo esterno, anzi.

 

Super Classifica Show a parte – magari sei troppo giovane per ricordarlo – mi ricorda che anche se l’elettronica aiuta a mistificare, puoi avere il volto che vuoi ma il timbro è una cosa unica al mondo, ognuno ha il suo (prima o poi ti si “sgama”, insomma): credi che riuscirai a tenere nascosta la tua identità per tutta la vita?

No, non è assolutamente mia intenzione. Hai idea di quanto sia bello poterci mettere la faccia quando qualcuno ti dice che la tua canzone è bella? ☺

 

Che la musica sia un valore universale, capace di accomunare le masse, è cosa certa e l’idea di far mettere al posto del tuo volto quello di ognuno di noi ha un suo senso. Però perché ti sei proiettato nella musica anni ’90? Per dna, appunto, o perché rappresentano per te un modello ancora oggi?

Lo spirito del progetto Cloud è quello di avere dentro di sé il database di tutta la musica e questo permette di scegliere. È risaputo che le chitarre degli anni ’90 / inizio 2000 erano fantastiche, così come la house ha tirato fuori i migliori ritornelli e le percussioni nella prima metà degli anni 2000. Il groove lo-fi come lo ha inteso Pharrell Williams è ad oggi impareggiabile, un riff di synth che suoni come quello di Discolabirinto è difficilissimo da trovare e checché se ne dica le casse (strumento, non altoparlanti eheh) e i bassi (inteso le frequenze basse) come suonano oggi non hanno mai suonato. Ma, mi dispiace, “Revolver” dei Beatles sarà difficilissimo da superare.

 

Curioso notare che nei crediti del videoclip ci sia la make-up artist, nonostante non ci siano volti: come mai?

Perché ci vuole più trucco per cancellare una faccia che per imbellirne una.

 

Il prossimo step?
Continuare a lavorare per diventare la migliore band del mondo.

 

Glielo auguro e intanto sorrido, mentre penso ai nomi dei suoi collaboratori nei crediti del video, crudelmente tormentati dal pianeta affinché prima o poi parlino…