Intervista a Luca Vecchi: “1 mld per Reggio”

Luca Vecchi centro Loris Malaguzzi Reggio

di Nicola Fangareggi

1) Luca Vecchi è sindaco di Reggio Emilia da otto anni. Un periodo già abbastanza lungo per iniziare a definire qualche bilancio. Partirei dai numeri. Dopo decenni di crescita demografica, dovuta soprattutto alla forte immigrazione italiana e straniera, il numero dei residenti ha ritracciato sino ai 170.000 abitanti. Cosa è accaduto? Reggio non è più attraente come un tempo?

Sul piano strettamente demografico Reggio Emilia, come l’intera provincia, è ormai stabile da almeno 5-7 anni. Abbiamo avuto una crescita enorme dagli anni Novanta al 2015, passando da 130.000 a 171.000 abitanti. Lo abbiamo detto tante volte: quella crescita ha avuto aspetti positivi nel configurare una città aperta, interculturale, complessivamente meno provinciale, ma quella crescita ha attratto per molto tempo manodopera poco qualificata frutto di un modello di sviluppo allora a basso valore aggiunto.

La stabilità demografica degli ultimi anni non è da vedersi in negativo. In fondo avevamo bisogno di ripristinare nuovi equilibri tra città privata e città pubblica, tra economia e servizi, tra imprese e comunità. La Reggio che esce da questi anni ha un sistema economico più solido e competitivo su scala internazionale, università in crescita, il reddito medio pro capite tra i più alti d’Italia. Reggio ha affrontato la crisi 2008-2013 e recentemente il Covid, ma è pienamente collocata in un’area tra le più competitive d’Europa per economia e qualità dei servizi.

2) Nei primi anni del suo mandato è emerso sul fronte giudiziario il bubbone delle infiltrazioni ‘ndranghetiste nell’economia del territorio. Si sono svolti i processi, i vertici delle organizzazioni criminali sembrano decapitati. È davvero così? Reggio ha dovuto pagare un prezzo di immagine?

Reggio ha fatto un percorso di consapevolezza e maturazione che credo pochi altri territori abbiano avuto la forza di fare. Aggiornamento degli strumenti normativi, attività di formazione con centinaia di giovani, il lavoro della Consulta della Legalità e sui beni confiscati. C’è un impegno costante che non sottovaluta più, ma saremmo ingenui se pensassimo che, dopo Aemilia e altri processi, il problema sia risolto per sempre.

3) Veniamo ai temi dell’economia. Reggio Emilia è tra le città storicamente più produttive del Nord Italia, con il sistema Emilia continua a macinare primati nonostante le crisi ricorrenti: il Covid e ora la guerra in Ucraina hanno messo in difficoltà anche questo territorio.

Il Covid e ora la guerra mettono tutti in difficoltà. Ma francamente, lo dico da sindaco, abbiamo alle spalle due anni pazzeschi: mentre pensavamo a uscire dal Covid ci siamo trovati una nuova emergenza mondiale, la guerra in Europa. Il globale entra nell’agenda locale come non accadeva da tempo; l’emergenza, anche per i sindaci, diventa l’ordinario. Nonostante questo Reggio Emilia non ha mai smesso di guardare al futuro: i dati dell’economia, i progetti realizzati, l’attrazione di imponenti risorse del Pnrr… Reggio non si è mai fermata e oggettivamente in questi mesi stiamo decidendo e impostando la città del 2030. Gestiremo più di 1 miliardo di investimenti nei prossimi anni. Le cronache lo documentano ogni giorno. Una grande efficacia attrattiva di risorse sta finanziando progetti che verranno realizzati da qui al prossimo decennio.

4) Come avete affrontato la pandemia?

Ognuno ha fatto la propria parte: la sanità, le istituzioni, le imprese, i sindacati, le associazioni, i cittadini. Diciamocelo con franchezza: usciamo dal Covid con qualche ferita, con qualche nuova fragilità, ma con la consapevolezza che ce l’abbiamo fatta. Con un’emergenza come il Covid, un territorio può saltare. Reggio ha mostrato una capacità collaborativa straordinaria. Durante il Covid sono usciti l’etica del lavoro, lo spirito civico, il senso di solidarietà che antropologicamente contraddistingue l’identità emiliana. Potrei dire tante cose, mi limito a ricordare 70 giorni consecutivi di diretta, il rapporto che ho potuto vivere in quei giorni con la mia città. Un periodo snervante sul piano psicofisico, ma oggettivamente Reggio Emilia ha fatto la differenza.


5) Al di là del tema dei diritti umani, quale prezzo può pagare il sistema Reggio a causa degli effetti della crisi ucraina?

Paghiamo e pagheremo il prezzo di una follia assurda. Nei suoi aspetti economici, sociali, relazionali. Nulla sarà più come prima. Dobbiamo lavorare per il ritorno alla pace; siamo tutti sulla stessa barca. Non c’è un altrove dove scappare e rifugiarsi. È questa la nuova consapevolezza globale di questi anni. In fondo è anche il presupposto valoriale di una nuova idea di cittadinanza, di un nuovo senso di comunità locale e globale.

6) Dal suo punto di vista, non ritiene necessaria la creazione di un tavolo di lavoro per calmierare i prezzi dell’energia?

Abbiamo diversi tavoli permanenti convocati con associazioni e sindacati. Per quanto possibile, siamo impegnati per dare le migliori risposte ai cittadini. Ma più che i Comuni qui serve un’azione forte del governo. Diversamente, è come tentare di svuotare l’oceano con un cucchiaino.

7) L’economia locale si fonda essenzialmente su alcuni settori strategici – quali ad esempio la meccatronica – e sullo sviluppo verso un’industria 4.0, ossia il passaggio dalla tradizionale manifattura a servizi specializzati a imprese di altissima qualità. Quanto teme che possa incidere un arretramento dell’esportazione, che per le imprese italiane (e soprattutto emiliane) è vitale?

Siamo certi che ci saranno rallentamenti nelle esportazioni? Una cosa è la Russia, che probabilmente avrà effetti non certo positivi, un altro è il mondo. La nostra struttura delle esportazioni ha una caratteristica peculiare, a quel che ci dicono le analisi: esportiamo in tutto il mondo. Siamo nel bene e nel male connessi con il mondo e i dati dell’economia dicono che in questo momento siamo una delle realtà più dinamiche d’Europa.

8) Reggio ha recentemente accolto sul proprio territorio un grande progetto di Silk-Faw, a trazione cinese, che secondo le intenzioni produrrà supercar elettriche top di gamma per pochi superclienti nel mondo. Qualcuno in città, tuttavia, non si fida dei cinesi.

Io sono convinto che sia una grande opportunità. Economica, occupazionale, tecnologica. Silk-Faw pagherà 200 borse di studio a dottorandi destinati ad approdare a Reggio. In una certa misura è la più grande operazione di attrazione di talento mai fatta in un colpo solo in città. Reggio Emilia entra pesantemente nella Motor Valley e nella progettazione dell’auto elettrica del futuro. Con tutte le cautele e le prudenze necessarie, continuo a pensare che sia una bella occasione. Detto ciò, è giusto che ci sia dibattito, ma francamente ad oggi vedo dissensi legittimi ma assolutamente marginali.


9) La stazione Mediopadana per l’alta velocità firmata da Santiago Calatrava rimane un fiore all’occhiello per la città. Ma sul piano pratico, i numeri sono soddisfacenti? Non sembra che ci sia la fila per investire nella zona.

Ho preso in mano una stazione che aveva pochi treni e qualcuno pensava fosse una cattedrale nel deserto. Siamo arrivati a 80 treni e un milione e 400mila passeggeri annui. Avevamo 400 posti auto, nei prossimi giorni chiuderemo il cantiere e ne avremo 2.500. Presto credo che chiuderemo un accordo importante con Rfi per un investimento di oltre 10 milioni di euro per dotare la stazione di maggiori servizi, terziario, commerciale.

La stazione nella sua complessità è oggettivamente una storia di successo. E non è solo la stazione di Reggio. È la stazione di tutta l’area mediopadana. Immaginare altre soluzioni a pochi chilometri da Reggio significa pensare a soluzioni trasportistiche del tutto irrazionali. Serve un miglioramento delle interconnessioni tra città e stazione AV. Per quanto attiene all’attrazione di impresa, mi si consenta una battuta: credo vi siano poche città in Italia attrattive sul sistema economico come Reggio. Basta guardare via Gramsci oggi, Mancasale… chiudiamo gli occhi per un istante e ricordiamo come erano quei due ambiti di città 10 anni fa.

10) Nell’area Nord, con Mediopadana e Silk-Faw, il quadro sembra riempirsi con l’arena Rcf nello spazio adiacente il Campovolo. Causa Covid, la stazione dei concerti non è ancora partita. Considerate musica e spettacoli un volano per il turismo locale?

L’arena è pronta. La sua inaugurazione è imminente, Covid permettendo. Ho sempre pensato che la Rcf Arena sarà una grande opportunità per il futuro di Reggio. È il più grande investimento sulla promozione internazionale di Reggio di sempre. L’arena è la Mediopadana della musica: un’innovazione importante di portata storica, attraverso la cultura, la musica e i giovani.


Però mi faccia fare una considerazione ulteriore. Se penso all’inizio del mio mandato osservo: abbiamo implementato il Campus San Lazzaro, dove sta per partire il cantiere del recupero di Villa Marchi. Abbiamo fatto l’arena, di cui la città discuteva senza esiti concreti da trent’anni. Stiamo impostando il parco del Campovolo con verde, ciclabili e impianti sportivi, tra cui il campo di atletica. Abbiamo avviato la riqualificazione di 16 campi da calcio in via Agosti. È davanti agli occhi di tutti la trasformazione che abbiamo compiuto sulle ex Reggiane con il Parco Innovazione, dove ora arriverà anche il Polo universitario del digitale, e Santa Croce. Aggiungo: abbiamo intercettato 20 milioni di euro dal Pnrr per via Turri. Quel quadrante di città è il paradigma della mia amministrazione: rigenerazione urbana, innovazione, economia della conoscenza, musica e cultura, sport e tempo libero, educazione dell’infanzia e università. Lì c’è la Reggio del futuro. Non sono interventi scollegati, ma una strategia unitaria.


11) A proposito di turismo: Reggio è all’ultimo posto per attrattività in regione e voi a Reggio avete aumentato la tassa di soggiorno. È stata una buona idea?

Ci sono settori dove sei forte, altri dove sei debole. Reggio non è mai stata una città turistica. Diventarlo durante il Covid è come annunciare di andare sulla luna in bicicletta. Ci siamo dati una strategia che comprende anche la tassa di soggiorno, che hanno tutte le città italiane. Per i prossimi anni non ho dubbi: vedremo risultati positivi crescenti.

12) Per finire. A Reggio è riconosciuta una buona capacità di attirare investimenti pubblici, soprattutto grazie ai fondi europei. Con i finanziamenti-monstre del Pnrr si potrebbe davvero fare tanto. Sono in vista anche progetti a favore dell’innovazione e dello sviluppo economico, oppure prevarrà quel modello assistenzialista che è parso prevalere negli ultimi anni?

Guardi, la sua domanda è decisiva per rendere l’idea di quanto accaduto a Reggio Emilia in questi anni. La città non è stata ferma: ha affrontato la crisi 2008-2013 che ha sconvolto il nostro sistema economico, Aemilia, l’emergenza profughi del 2015-2017, le recenti emergenze come il Covid e ora l’Ucraina. In questo contesto entriamo nel terzo decennio di questo millennio con un’economia solidale, con un dato occupazionale eccellente. Il sistema dei servizi alla persona mantiene posizionamenti di vertice nazionale e internazionale nell’infanzia, nel welfare, nella sanità.

Quando iniziai a fare il sindaco, Reggio aveva 6.000 studenti universitari, oggi siamo a 12.000. Abbiamo realizzato progetti importanti. Il Parco Innovazione, l’RCF Arena, la tangenziale Nord, i chiostri di San Pietro, la Reggia di Rivalta, l’arrivo di Silk-Faw e tanto altro.


Ma soprattutto oggi stiamo attraendo centinaia di milioni di euro che cambieranno la città del futuro. Reggio Emilia non è più quella di una volta, è una città orientata all’innovazione, aperta, plurale e inclusiva sul sistema dei diritti, e soprattutto con una rinnovata sensibilità ecologica e ambientale che ci ha resi una delle città più green d’Italia.




Ci sono 2 commenti

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  1. Poli Fausto

    Sarebbe meglio spingere su un modello imprenditoriale singolo, magari aggregato per usufruire di forti favori bancari. Come un altri distretti produttivi nel Mondo.

  2. Poli Fausto

    Non e’ facile definire una citta’ in 2 parole. Pochi borghesi arricchiti, molti proletari.


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