Italo Salsi, fu un reggiano il primo deputato eletto per protesta

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Negli atti parlamentari della seduta di giovedì 17 maggio 1962, è riportato il ricordo dell’on Italo Salsi, deceduto a Parma l’undici maggio precedente, pronunciato dall’on Santi del Psi e dall’on Gorrieri del Pci.
Entrambi i parlamentari si soffermarono a lungo nel tracciare l’immagine politica e umana del collega defunto, sottolineandone il carattere mite e generoso, oltre alla coerenza politica dimostrata nel corso di tutta la sua lunga vita.

Salsi fu uno dei primi “candidati di protesta” che riuscì a sedersi in Parlamento nel lontano 1895. Il suo caso fece molto scalpore tanto da dimostrare l’inutilità delle misure reazionarie e liberticide emanate dal governo Crispi a partire dal 1893 e volte a soffocare la libera espressione politica del popolo italiano. Furono chiusi i circoli, le Leghe, molte sezioni del Psi. La stampa di partito subì i tagli della censura e centinaia di militanti vennero arrestati, processati e condannati al carcere o al domicilio coatto. Tutti furono accusati di voler sovvertire con la violenza l’ordinamento dello stato. Salsi fu uno di questi.
Italo Salsi nacque a Massenzatico (Reggio Emilia) il 6 febbraio 1865, da una famiglia di modeste condizioni economiche, diplomandosi maestro il 18-08-1885. Entrato in ruolo nelle scuole elementari del comune di Reggio, subì continui trasferimenti di sede (il comune era retto dai moderati), a causa dei suoi convincimenti politici. Fin da giovane infatti fece propri gli ideali socialisti, collaborando strettamente con Camillo Prampolini. Partecipò al II Congresso nazionale del partito che si svolse a Reggio l’8-10 settembre 1893 e collaborò con Prampolini alla fondazione di nuovi circoli, compreso quello di Villa Cella, sua ultima sede d’insegnamento.

Pur essendo d’animo mite e tollerante, fu segnalato alle autorità didattica come fanatico anticlericale, tanto da essere accusato, quasi fosse in odore di stregoneria, d’avere addirittura fuso un crocefisso. Di cultura evoluzionista e laica in realtà si dimostrò sempre aperto e disponibile a considerare tutte le opinioni, anche quelle opposte alle sue.

Risulta quindi inspiegabile come anche giovane maestro, dedito al suo lavoro e alla famiglia, possa essere stato vittima delle leggi liberticide di Crispi, volte a soffocare ogni protesta nel paese e a stroncare l’attività e l’organizzazione del Psi. Nessuno in città seppe darsi una valida spiegazione di quell’arresto. Un giovane di 28 anni, insegnante, mite e amante della sua famiglia, veniva accusato di violenza ai danni dello stato solo per aver manifestato pacificamente la sua fede socialista. Il fatto destò scandalo in tutta la provincia. Processato con tanti altri socialisti reggiani, il 5 novembre 1894 fu condannato a due anni di domicilio coatto a Porto Ercole (Grosseto) con A. Vergnanini.

Una volta appresa la notizia venne immediatamente aperta dai socialisti di Villa Cella e da La Giustizia una sottoscrizione di solidarietà per la famiglia, che raccolse il contributo di molti compagni e circoli della provincia.

Si costituì inoltre un Comitato di solidarietà tra i maestri di diverse città del Centro-Nord d’Italia. Tutto ciò, seppur risultò importante per alleviare le sue pene e aiutare la famiglia, tuttavia non sembrò politicamente sufficiente a cancellare l’onta subita. La risposta dei socialisti doveva essere immediata e significativa. La soluzione fu trovata da Prampolini e si rivelò vincente.
In vista delle elezioni politiche del 26 maggio 1895 Prampolini, infatti, rinunciò in favore di Salsi al collegio di Reggio Emilia, spostandosi in quello di Guastalla. Nacque così la “candidatura di protesta”, che raccolse consensi un po’ ovunque. La campagna elettorale non fu semplice anche perché venne proibita la propaganda sui nomi dei condannati e il suo avversario, il moderato Levi, rappresentava un forte e temibile avversario.

Contrariamente a ogni previsione Salsi costrinse Levi al ballottaggio del 2 giugno. Il risultato finale diede finalmente ragione, anche se di misura, a Salsi, che ottenne 1852 voti contro i 1794 di Levi.
Liberato pertanto dal domicilio coatto, fu accolto con grandi manifestazioni popolari sia a Reggio, che a Parma. Lo stesso Andrea Costa da Lugano scrisse a Prampolini: “Caro Prampolini partecipa agli amici e alla famiglia del Salsi la mia, la nostra soddisfazione immensa, per la elezione del condannato. Io seguiva trepidando la vostra battaglia; e la vittoria significantissima- significante a parer mio, quanto e forse più di quella di Barbato- mi ha rapito. Bravi! Viva Salsi! Viva i suoi elettori!”.

Anche Turati non fece mancare con un telegramma l’espressione della sua soddisfazione: “Vostra elezione Salsi vale nostra Barbato. Entrambe comandano immediata demolizione Bastiglie politiche, dimissioni nefasto Mouravieff. Bacio socialisti reggiani. Turati. Li bacio tutti un’altra volta sulle guance tue. Filippo”.
Il giornale parmense Frusta pedagogica lanciò la proposta di farne il deputato dei maestri e di provvedere al suo mantenimento, visto che allora i parlamentari non percepivano alcun compenso. Fedele al mandato dei suoi colleghi, Salsi si occupò dei problemi generali della scuola, chiedendo la revisione dei programmi, l’obbligo scolastico fino al dodicesimo anno d’età, le aule miste, l’abolizione tra maestri e maestre e tra insegnamento urbano e rurale. Pare che per problemi economici, come riferito da Santi, non potendo sempre permettersi l’affitto di una stanza in albergo, trascorresse la notte sul treno della tratta Roma-Napoli e ritorno.

Alla scadenza del mandato, il 21 marzo 1897, non si ripresentò candidato, consentendo così il ritorno di Prampolini nel seggio di Reggio Emilia.
Licenziato dall’amministrazione comunale, ancora in mano ai moderati, partecipò a diversi concorsi pubblici. Pur avendone vinto due, uno a Concordia e uno a Parma, le sue nomine, sempre per motivi politici, furono annullate dai rispettivi consigli didatti scolastici.

Dopo diversi mesi di disoccupazione, avendo l’assoluta necessità di provvedere economicamente alla sua famiglia (la moglie Desolina e 5 figli), si trasferì a Parma, dove venne assunto dal comune con compiti amministrativi interni. Nonostante la stretta vigilanza a cui fu sempre sottoposto, continuò l’attività politica e sindacale presso la C.d.L. di Parma. Quando questa venne egemonizzata dai sindacalisti rivoluzionari, uscì dall’organizzazione per aderire all’Unione socialista parmense, di indirizzo riformista.

Molto stimato nella bassa parmense, si occupò dell’organizzazione della cooperazione agricola e della condizione dei contadini. Con diversi fuorusciti dalla C.d.L. sindacalista, nel 1908, contribuì alla rinascita della nuova C.d.L. d’orientamento socialista. Fu direttore del settimanale (poi quotidiano) socialista L’Idea e diresse la locale scuola cooperativa su incarico dell’Istituto nazionale di credito alla cooperazione.

Nel 1914-15 partecipò alla propaganda neutralista e pacifista in nome dell’internazionale operaia e dei vincoli di fratellanza con i lavoratori di tutto il mondo. Memore dell’esperienza reggiana, rivolse la sua attenzione allo sviluppo del movimento cooperativo e alla organizzazione di una scuola di formazione per giovani cooperatori.

Nel dibattito interno al partito si schierò sempre con l’ala riformista, tanto d’aderire nel 1922 al Partito socialista unitario di Matteotti, Turati e Prampolini. Dal 1925, non svolse più politica attiva, pur non rinnegando e non nascondendo mai la sua fede socialista. Nel dopoguerra, ormai ottantenne, fu sempre considerato sia dal Psi, che dal Psdi una bandiera del socialismo reggiano-parmense.

Morì a Parma l’11 maggio 1961 alla veneranda età di 97 anni.