Via Tito o via Cossetto?

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di Mauro Del Bue

 

A Trieste ha suscitato scalpore, sorpresa e riprovazione la decisione della Commissione toponomastica del comune di Reggio Emilia di bloccare l’iter per l’intitolazione di una via o di una piazza a Norma Cossetto, la ventitreenne di Visignano in Istria (oggi Croazia), gettata nelle foibe dopo essere stata torturata e violentata da partigiani jugoslavi di Tito. Me lo ha confidato l’amico storico giuliano Alessandro Perelli. Non voleva crederci. La tragica vicenda di Norma Cossetto é stata trattata recentemente non solo da un film di grande successo, “Rosso Istria”, con puntuali riferimenti storici e testimonianze individuali, ma ha originato, nel 2005, la concessione della medaglia d’oro al merito civile da parte dell’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, anticipata dalla chiara ed esaurente presa di posizione dell’ex presidente della Camera Luciano Violante.

Le notizie attinte sono tutte verificate. Dopo l’otto settembre 1943 la giovane studentessa Norma viene prima arrestata dai partigiani titini, poi rilasciata, poi nuovamente imprigionata con l’accusa di non volersi unire a loro e in seguito torturata e fatta oggetto di orribili violenze sessuali prima di essere condotta con altri italiani presso una cavità del terreno vicino a Visinada e, dopo aver subito un’ulteriore violenza, é stata infoibata. Con la legge 92 del marzo 2004 il Parlamento italiano ha istituito il Giorno del ricordo per onorare tutti quegli italiani trucidati nelle foibe dall’esercito e dai partigiani titini, l’esodo dei fiumani, istriani e dalmati nel secondo dopoguerra e la complessa questione del confine orientale. Su questa legge si è formato un vasto schieramento di forze politiche nell’ottica, non di una rinuncia alla condanna del regime fascista, e dei crimini nazi fascisti commessi in quello stesso territorio, ma di un contributo alla verità storica e a un riconoscimento del sacrificio di molti cittadini perseguitati ingiustamente dai partigiani comunisti d’oltre Cortina.

Contro questa impostazione si sono riversate le critiche di pochi storici negazionisti e di alcune sezioni dell’Anpi. A questa posizione pare appartiene anche l’amico Massimo Storchi, membro nella Commissione toponomastica di Reggio Emilia e presidente dell’Istituto per la storia della Resistenza, uno storico che ho sempre stimato per la serietà e la professionalità dimostrate. Vorrei sapere quale argomento può mai essere (e quale ragionevole obiezione può essere su questo costruita) il ruolo esercitato dal padre di Norma, che secondo quel che sostiene Storchi, sarebbe stato, come quelli tutti i fascisti, alleato dei tedeschi. Le colpe dei padri devono ricadere sui figli? E quale colpa può giustificare una simile, atroce fine? Attendo che il Sindaco e la Giunta non avallino questa sciagurata impostazione. E visto che a Reggio Emilia esiste da decenni una via intitolata a Tito, mi auguro che in breve tempo venga intestata una via riservata a questa giovane e incolpevole martire della violenza e della crudeltà contro gli italiani.

Tra una via intitolata a un dittatore e una intitolata a una sua vittima non dovrebbero esserci dubbi per una comunità democratica.



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