Vento in poppa

Congratulazioni a Maria Edera Spadoni, nuova vicepresidente della Camera. Prima di lei, tra i reggiani eletti ai vertici di Montecitorio, la storia ricorda Pierluigi Castagnetti (vice) e Nilde Iotti (prima presidente donna).

 
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Il confronto forse impressiona i meno giovani: sarebbe imbarazzante accostare le biografie personali e politiche alla giovane parlamentare pentastellata. E tuttavia, lo zeitgeist questo propone. Dunque, auguri.
 
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Lo tsunami populista non ha risparmiato l’Emilia un tempo rossa, e lo ha fatto con tale forza pervasiva da cogliere impreparato il fu centrosinistra persino nelle sue conseguenze. Bersani, D’Alema e postcomunismo tradizionale si erano convinti che il problema consistesse in Renzi e nel suo tentativo di conquistare l’elettorato ex berlusconiano, sentendosi tradito nei valori tradizionali della sinistra novecentesca. Analisi completamente sballata. L’elettorato postcomunista emiliano ha in gran parte mollato il Pd, ma a vantaggio di Lega e Cinquestelle. La sinistra dei generali di un tempo è ridotta ai minimi perfino dove amministra potere e qualche residuale consenso (Tutino, candidato assessore in carica, ha preso in città un punto in più della lista +Europa, dove manco esiste un numero di cellulare).

 
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Lega e 5Stelle sono andati fortissimo in provincia. Più nello specifico, l’analisi del voto conferma una residua forza del Pd nelle aree inurbate e centrali (classico il caso del seggio ai Parioli, nel centro della Roma-bene) e un crollo clamoroso nelle aree periferiche, dove le urne del 4 marzo hanno stabilito un nuovo evidente bipolarismo.
 
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Le amministrative del prossimo anno promettono di codificare la situazione anche a livello locale e mettere la parole fine al controllo del centrosinistra sulla quasi totalità del territorio emiliano. Presi Comune per Comune, il Pd sembra destinato a perdere realtà storicamente intoccabili non solo in Appennino, ma persino nella Bassa e nella zona ceramiche.
 
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Anche il capoluogo è a rischio. Il traguardo dell’elezione al primo turno per il candidato sindaco di centrosinistra, sinora regolarmente centrato dal ’95 in poi, appare oggi una chimera. Tanto è vero che nel Pd locale si va aprendo una discussione aperta e non più semiclandestina sulla riconferma del sindaco in carica, Luca Vecchi: non già per demeriti particolari, che nessuno tra i suoi gli addosso, quanto per l’esigenza di rispondere a quella voglia di cambiamento diffuso che l’elettorato ha fatto emergere dalle urne.

 
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Tra le attuali opposizioni locali, al di là delle infelici uscite del neoeletto deputato della Lega Gianluca Vinci di schietta matrice razzista, centrodestra e M5S sembrano muoversi in direzione opposta.
 
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Contro ogni logica matematico-politica, il fronte di centrodestra sembra intenzionato a rinunciare a una presentazione unitaria per dividersi (come quasi sempre ha fatto) tra liste di partito e liste civiche.
 
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Tecnicamente, sarebbe un errore. Nel voto sull’uninominale in città il centrodestra unito arriva terzo, a soli due punti dai pentastellati: è dunque pienamente in lizza almeno per il secondo posto che garantirebbe la partecipazione al ballottaggio. L’ipotesi di una lista civica che comprenda anche la Lega deve fare i conti con la Lega stessa e con i residui appetiti dei berlusconiani locali, oltre che di una piccola ma accesa frazione di Fratelli d’Italia.
 
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Unito e solitario, invece, sosterrà il proprio candidato sindaco/a il Movimento 5 Stelle, consapevole che in un eventuale ballottaggio godrebbe dei favori del pronostico. Le comunali non sono le politiche, quindi si tratta di individuare con estrema attenzione il profilo del candidato o della candidata migliore. I nomi che circolano oggi sono del tutto prematuri, e ovviamente si tratterà di capire in quali condizioni ci ritroveremo tra un anno (oltre alle amministrative ci saranno le europee, e non vanno escluse eventuali elezioni politiche anticipate).
 
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Di Maio e Salvini hanno il vento in poppa, sono entrambi tentati dalla liquidazione più o meno definitiva del Pd per disegnare l’Italia sul nuovo bipolarismo che si va consolidando (e che prevede, per la sinistra, una funzione meno che marginale). Ma tra i due la sfida è colma di insidie. Per loro, l’ideale sarebbe una soluzione win-win. Trovarla sarà assai complicato.