Tra ruspa e realtà

Salvini vellica gli istinti meno nobili degli italiani e vede che la tecnica funziona alla grande nel ritorno elettorale: se si votasse oggi, grazie alla doppietta respingimento Aquarius-censimento dei Rom, la Lega sarebbe il primo partito. Il leader della destra nazionale fa leva sul risentimento di larga parte dell’elettorato verso la politica-establishment: stremati dagli effetti della crisi economica, impauriti dall’arrivo di altri esseri umani dalla pelle scura senza lavoro e fuori controllo, spaventati dinanzi a un futuro che ha portato la classe media di un tempo appena al di sopra della soglia di povertà, gli italiani esigono a larghissima maggioranza un cambio di rotta del governo e – sperano – delle proprie esistenze.
 
Sfortunatamente, si tratta in gran parte di illusioni destinate a infrangersi nel confronto con il mondo reale. E’ sufficiente ascoltare il ministro Tria quando ripete l’ovvietà che qualsiasi ministro pronuncerebbe al suo posto: un piano robusto di interventi pubblici, di rilancio dell’economia, di detassazione del lavoro, di sostegno al welfare e di riforma dell’assetto previdenziale non può avvenire al di fuori di una politica di bilancio sostenibile. Il che significa calo del debito pubblico e rafforzamento della crescita interna (che invece stenta e non regge il già fragile segno più degli ultimi anni).
 
Cosicché la grande questione delle migrazioni intercontinentali e la faglia mediterranea, comprese le conseguenze sociali generali e particolari che impattano direttamente in territorio italiano, rischia di scivolare nella rissa permanente della politica quotidiana senza che il dibattito pubblico (e i programmi politici) si occupi con misure concrete dei problemi degli italiani. I quali – anche su questo i sondaggi non lasciano dubbi – mettono al primo posto tra i problemi che il governo dovrebbe contribuire a risolvere la situazione economica (sistema fiscale compreso).
 
Da decenni la Lega promette ruspe, ordine, disciplina e deportazioni epocali di clandestini. Siccome abbiamo la memoria corta, tendiamo a ignorare che il famigerato Trattato di Dublino che ha di fatto trasformato l’Italia nella prima terra disponibile ad accogliere i profughi dal Nordafrica venne firmato da un governo di centrodestra, e che la clandestinità come reato fu introdotta dalla legge Bossi-Fini.
 
Soprattutto, anche a causa di media corrivi in cerca di facili ascolti, preferiamo buttarla in caciara anziché studiare i fondamentali.
 
I nodi aggrovigliati sono sempre gli stessi e nessun governo è sinora riuscito a dipanarli in forma efficace. Siamo poco competitivi sulla formazione professionale, sulla ricerca e sulla tecnologia perché abbiamo smesso di investirvi da anni; il costo del lavoro è sproporzionato e appesantisce le nostre aziende; abbiamo costruito un moloch burocratico che lascia sul campo ogni giorno centinaia di microaziende e professionisti; la giustizia, specie quella civile, è lenta oltre ogni ragionevole concessione; e poi, in gran parte del Mezzogiorno, lo Stato non c’è, perché comandano le organizzazioni criminali. Per non parlare delle condizioni generali del territorio italiano – il più bello del mondo ma, ahimè, stuprato e avvelenato ogni giorno da una subcultura ottocentesca del progresso e dello sviluppo.
 
Le sparate di Salvini sono spot elettorali. Valgono voti, tanti voti. Il mondo della sinistra democratica tradizionale, ma più in generale quegli italiani che si considerano moderatamente aperti verso il prossimo, disponibili al confronto civile, protesi alla soluzione piuttosto che alla mera evocazione dei problemi, rimangono a bocca aperta di fronte al linguaggio del capo della Lega. Molti altri, la maggioranza, se ne sentono invece rassicurati.
 
E’ mia modesta opinione che la storia, quella grande, non si ripeta mai (a meno che nella replica non si tramuti in farsa, secondo la celebre definizione marxiana). Non vedo praticabili derive extra-costituzionali: per quanto giovane e lunatica, la repubblica italiana ha superato prove più difficili.
 
Immagino al contrario che Salvini e compagnia saranno chiamati alla prova dei fatti una volta terminata la luna di miele che accompagna qualsiasi neonato governo. Se osservo l’agenda non mi viene di che essere ottimista. A fine anno Draghi smetterà di ricomprare il nostro debito, i mercati dovranno trovare nuove forme di stabilizzazione e nel medio termine (diciamo un anno) gli italiani inizieranno a fare i conti con le proprie tasche e la qualità del proprio vivere. Siamo un popolo facile agli innamoramenti, ma – da incorreggibili latini – tendiamo anche a bruciare in fretta le nostre passioni. E quando la passione finisce diventiamo anche oltremisura vendicativi.