Luigino il furbino

Credo che a Luigi Di Maio non nuocerebbero, oltre ad un ripasso dei congiuntivi, lezioni specifiche sulla Costituzione e sulle regole che disciplinano i passaggi tra presidente della Repubblica e l’eventuale figura incaricata per la formazione del governo.

 
Occorre che qualcuno si incarichi di spiegare al leader Cinquestelle che la presentazione preventiva di una qualsiasi formazione di governo equivale a carta straccia ai fini di un ipotetico mandato. Il presidente della Repubblica, una volta accertata l’esistenza di una maggioranza politica in grado di ottenere il via libera nel voto del Parlamento, elabora la formazione del governo di concerto con il presidente incaricato. Di concerto significa di comune accordo: la storia repubblicana racconta decine e decine di episodi – taluni noti, altri no – di discordanze sulla lista dei ministri e di cambiamenti concordati tra le due figure istituzionali in corso d’opera.
 
Di Maio ha commesso forzature istituzionali in quanto tali già inaccettabili per un leader politico. Il tentativo di farsi ricevere da Mattarella a una settimana dal voto al presunto scopo di "informarlo" dei ministri in pectore rappresenta una sceneggiata certamente non gradita al Quirinale e comunque estranea al dettato e alla prassi costituzionale.
 
Di più. I Cinquestelle – anzitutto gli elettori che li voteranno – devono essere informati riguardo la necessità di convincere il Capo dello Stato non a chiacchiere, ma in base a precisi impegni assunti in sede di consultazioni ufficiali, che non basta affatto la maggioranza relativa per guadagnarsi "di fatto" l’incarico per formare il governo, come Di Maio sta cercando surrettiziamente di far credere giocando sull’ambiguità.
 
La Costituzione non è tema da campagna elettorale e i poteri costituzionali non si discutono. Tutti i sondaggi dicono che il Movimento Cinque Stelle sarà la forza politica più votata nel paese. Nondimeno, in assenza di una maggioranza assoluta, quella forza dovrà necessariamente unirsi ad altre prima di sperare di misurarsi nel voto delle Camere, e non dopo. Il Parlamento non è una roulette. Non ci sono congiuntivi di mezzo, ma sembra che proprio questo concetto a Luigino non entri proprio in testa.