Gli ostacoli al governo Frankenstein

Il governo dei vincitori, Di Maio e Salvini, è la posta in gioco sulla quale nemmeno le vacanze di Pasqua interromperanno la rete di negoziati più o meno visibili in corso dalla notte del 4 marzo scorso.
 
La prova delle presidenze delle Camere è stata superata. A Roberto Fico, dice chi ha fatto bene i conti, sono in realtà mancati nel segreto dell’urna una sessantina di voti, in gran parte presumibilmente berlusconiani. Ma per i franchi tiratori, a seconda delle pieghe che prenderanno le trattative sul bersaglio grosso, non mancheranno altre occasioni.
 
I giorni passano e tra Di Maio e Salvini si gioca all’elastico. Il leader leghista ha aperto sul reddito di cittadinanza, ma dai 5Stelle è arrivato un diktat sul nome unico alla presidenza del consiglio (Gigino, appunto) che ha costretto Salvini a un nuovo irrigidimento.
Non si tratta di mere schermaglie. Salvini ha vinto, è il favorito per il primo giro di consultazioni che verosimilmente Mattarella avvierà a metà aprile, ma non può prescindere dall’appoggio di Silvio Berlusconi, pena la disintegrazione del centrodestra. E far digerire Berlusconi e i suoi alla base grillina è il principale ostacolo politico per Di Maio: ve lo immaginate un governo a guida Cinquestelle con un Brunetta ministro del Lavoro?
 
E’ solo un esempio. Ma sottovalutare Berlusconi – ancorché anziano, incandidabile, di nuovo sotto processo per i versamenti alle Olgettine – è l’errore storico sul quale sono caduti quasi tutti i suoi avversari in trent’anni di vita pubblica. Salvini ha vinto le elezioni, corre sull’onda populista europea, ha dimostrato qualità politiche che pochi gli avrebbero riconosciuto (compresi i suoi). Ma per liberarsi del Caimano e cannibalizzare il nuovo centrodestra italiano deve cambiare la legge elettorale, riproponendo plausibilmente il Mattarellum o qualcosa di simile comunque improntato al maggioritario.
 
Vero è che il capo dello Stato farà di tutto per dare all’Italia un governo stabile, probabilmente cercando di rimettere in pista anche il Pd sconfitto. Ma la strada del governo-Frankenstein, come lo chiamano oggi gli avversari, è assai più complicata di quanto possa apparire.